Alice Visentin. Io e Anna

Lettura e testo di Alice Visentin

Durante i miei primi anni in Accademia, un’estate, ho avuto la
possibilità di lavorare come assistente di Anna Boghiguian e di
produrre insieme a lei le opere per la sua mostra in Manica Lunga,
qua, al Castello di Rivoli.
Alla fine mi ha lasciato un’impressione molto più duratura di quanto
avessi immaginato in quel momento. Ho conosciuto da vicinissimo
la poetica viscerale di una disegnatrice.
Anna mi ha insegnato ad amare le esistenze degli uomini. Che
siano stati santi, mediocri o banditi, d’un tratto diventano tutti una
pura “superficie di immagini”.
Il suo lavoro mi ha permesso di percepire una struttura interna
dell’essere umano, tramite la sagomatura e il ritaglio della
carta. Ritagliare mi sembrava una lotta che portava alla fragile
magnificenza del suo lavoro finito.
Anna Boghiguian che mi è stata maestra senza che me ne
accorgessi è arrivata d’estete, la raggiungevo da Porta Palazzo.
A volte in macchina, a volte in bicicletta a seconda degli impegni
che ci fissavamo giorno per giorno. Soggiornava in un ampio
appartamento, vicino alla stazione dei treni di Porta Nuova e sotto
casa aveva una pasticceria in cui tutti i pasticceri le volevano bene.
Ci incontravamo presto la mattina e la sua casa era divantato un
improvvisato e ampissimo studio di disegnatice.
Il mobilio standard di una casa in affitto era abbellito e cosparso di
oggetti preziosi e belli che tutti i giorni cambiavano un po’ la loro
posizione.
Uscivano tutti dalle sue grandi valigie che a loro volta erano
contenitori provenienti da tutto il mondo.
Sin da subito ho iniziato a volerle bene, con me era gentile.
La mattina presto già disegnava facendo colazione e all’ora di
pranzo mi offriva spesso i tortelli che comprava in un pastificio

dietro la Gran Madre. Alcuni giorni andavamo in giro per Torino
cercando i migliori materiali che potessimo trovare per il suo lavoro:
forbici affilate da sarta, matite, pigmenti e cera d’api.
Nei viaggi in macchina se la voce di uno speaker attirava la mia
attenzione ci teneva a ricordarmi che secondo lei nutrivo una certa
ossessione per la radio. Aveva ragione!
Mi diceva che avrebbe voluto fare un viaggio. Anna parlava sempre
molto seriamente e sul più bello partì. Avevamo una settimana di
vacanza nella pausa estiva e così decise di visitare Tblisi. Con il
suo sorpenente ritorno arrivarono anche tanti sacchetti rosa pieni di
leccornie, era contenta di esser tornata.
E qui sono successi alcuni fatti che mi hanno colpita. Il primo è
che decise di voler visitare insieme a me la mia prima mostra negli
spazi di Tile Project a Milano, così prendemmo la macchina io e lei
e partimmo.
E’ stata una giornata allegra e divertente in cui abbiamo visitato
anche la Triennale e alcune gelaterie.
Uscendo da Milano, lo spazio si slarga a perdita d’occhio in tutte le
direzioni, solo in lontananza si intravede l’Arco Alpino. La linea retta
dell’autostrada viene interrotta da altre strade che si immettono
unendo paesi. L’atmosfera sul veicolo era spensierata e piacevole
e tornando verso Torino al tramonto le raccontai che mia mamma è
cresciuta con una scimmia domestica in casa.
Uno zingaro gliela portò a mio nonno, si chiamava Billy. Mamma
mi raccontava spesso di Billy in cucina da nonna, con cappellini
e vestiti rossi cuciti da nonna stessa. Anna non smise più di
chiedermi curiosità su di loro e sulla mia famiglia in generale.
Poi un giorno ha trovato interessante che avessi un’amica
apicoltrice che stava in montagna, alla fine ha deciso di usare la

sua cera d’api per alcuni disegni ad encausto.
Era verso la metà di settembre che cambiò casa e quartiere,
la mostra era in procinto d’aprire e lei di lasciare Torino. Mi chiese
d’accompagnarla ancora una volta alla pasticceria sotto alla
vecchia casa. Voleva dare di persona ai pasticceri l’invito alla sua
mostra.

Il giorno dell’inaugurazione aveva moltissime donne attorno, teneva
un limoncino in mano e ricordo d’essermi sentita orgogliosa di lei.