Monica Bonvicini
Monica Bonvicini, Shotgun, 2003, video, 21 min, suono, colore, © Monica Bonvicini/ VG Bild-Kunst
“Sempre più attente alle implicazioni psicologiche dei luoghi, le installazioni dell’artista Monica Bonvicini puntano a una resa altamente orchestrata e piena di suspense. Mentre la nozione di distruzione ha avuto un ruolo preminente nei suoi lavori iniziali, quelli più recenti suggeriscono piuttosto una riflessione sul decadimento, la disintegrazione e la malattia. L’opera Shotgun (2003) consiste di una doppia proiezione masterizzata su DVD, fatta di filmati girati da un’auto in movimento a Los Angeles. La sezione destra della proiezione è costituita da una lenta carrellata di vetrine di negozi, strade, parcheggi, retrobottega di periferia, bordi di strade; tutti gli edifici sono connotati da muri di mattoni, griglie e recinzioni metalliche. La sezione sinistra è data invece da tre fotogrammi che scorrono sull’immagine fissa in scala del retro di un edificio in calcestruzzo senza finestre; in primo piano, alcune erbacce spuntano dalle fessure del marciapiede.
Ammiccando al libro pieghevole di Ed Ruscha del 1966, Every Building on the Sunset Strip o alle fotografie delle strade di Martha Rosler scattate in giro per New York nella sua serie Rites of Passage (1995-98), il lunatico diario urbano di Bonvicini suggerisce un senso di anonimato, incuria e abbandono. L’inquietante colonna sonora che accompagna la proiezione inframmezza la melodia tagliente di un violoncello con segnali di allarme ad alta frequenza e la registrazione di un programma radiofonico inerente le piccole migliorie domestiche. Il presentatore ha una di quelle “voci da radio” profonde e melodiose: “Dimmi Kathy. C’è dell’acqua che scorre? Ci sono delle crepe nelle fondamenta?” Alla fine comprendiamo che lo “shotgun” cui il titolo fa riferimento è un tipo di fungo infestante che sta crescendo sul muro dell’intervistata dal nome Kathy.”
Estratto da “Poetry of Desolation” di Suzanne Cotter, in Monica Bonvicini. Anxiety Attack, Oxford, 2003