Paloma Varga Weisz. Radice di un sogno

a cura di Marianna Vecellio

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea propone al suo pubblico Root of a Dream (Radice di un sogno), prima mostra personale in un museo italiano dell’artista tedesca Paloma Varga Weisz (Neustadt an der Weinstrasse, 1966. Vive e lavora a Düsseldorf). Attraverso un’iconografia articolata che mescola citazioni tratte dalla tradizione artistica rinascimentale italiana e gotica tedesca, riferimenti psicanalitici, memorie personali e una rilevante fascinazione per il corpo umano – specialmente quello femminile – l’artista crea complesse e poetiche installazioni capaci di condurre lo spettatore in una dimensione contemplativa a metà tra sogno e realtà. Il particolare uso di tecniche desuete – tra le quali l’intaglio nel legno, la policromia e la ceramica – si combina alla componente autobiografica aggiungendo un ulteriore livello simbolico alla narrazione. Nonostante affondino in un tessuto che richiama episodi personali, denso di rimandi alla pittura e scultura del Rinascimento così come alla tradizione popolare e all’artigianato, le opere di Varga Weisz si fanno memoria di una sensibilità condivisa e collettiva dai riferimenti di matrice europea, capace di raccontare i livelli più intimi della nostra esistenza. 

Tratto da una poesia di Paul Celan, Root of a Dream allude alla costante attenzione che Varga Weisz assegna al rapporto tra memoria, rimozione e riemersione del ricordo. Tale combinazione diventa nelle opere dell’artista espressione di una dimensione dell’essere frammentata, in cui il corpo da “intagliare” si fa porzione, l’identità travestimento e la memoria intermittenza.  Nella mostra troviamo riferimenti al padre dell’artista in un film muto, intitolato Deux artists (Due artisti), 1986. È proprio questo lavoro giovanile, e nel tema dell’identità in esso affrontato, una delle chiavi interpretative dell’intero percorso in mostra che Varga Weisz chiude con l’opera più recente, Lying man (Uomo disteso), 2014. Questa scultura diventa riflessione conclusiva sulla dimensione dell’essere scissi, mancanti e apolidi, condizione esistenziale dell’uomo e che oggi ritroviamo attuale più che mai nel dramma degli esodi di massa.