Astronomo con il compasso
Artista Giambattista Pittoni
1740-1749
Anno di accessione 2000
Olio su tela, 46,5 x 38 cm
Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte
Deposito a lungo termine Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Inv. CC.3.P.PIT.1740.A44
Provenienza: Christie’s, Londra, Important Old Master Pictures, 13 dicembre 2000 (lot. 100, pp. 252-253).
Bibliografia: Mangili 2002, pp. 142, 143; R. Mangili, cat. 20, in Venezia 2006, p. 102; Christov-Bakargiev 2021, vol. I, p. 492.


Giambattista Pittoni, prendendo le mosse da una pittura ancora fortemente indebitata con le lezioni del secolo precedente e impartitagli in particolare dallo zio Francesco, seppe accostarsi intelligentemente all’arte dei migliori maestri della prima metà del Settecento, quali Sebastiano Ricci e Giambattista Piazzetta, realizzando opere originali, capaci di perseguire la grazia rococò pur mantenendo un interesse per costruzioni disegnative e cromatiche cristalline e preziose.
L’Astronomo con il compasso è transitato sul mercato antiquario londinese con la corretta attribuzione e un parere di Franca Zava Boccazzi, autrice della monografia di riferimento sull’artista, che suggeriva una datazione al 1745, in relazione al possibile contatto con le più celebri raffigurazioni di orientali realizzate da Giambattista Tiepolo. Renzo Mangili (2002) per primo ha successivamente proposto un collegamento con la collezione di «teste di carattere» Visconti di Modrone, da lui recentemente ricostruita, una delle più interessanti serie formatesi attorno a un genere particolare, di grande successo a Venezia e presso i collezionisti europei, e caratterizzata da poco meno di cinquanta opere di dimensioni analoghe, simili scritte e rivendicazioni di paternità sul retro dei dipinti, cominciata alla fine del Seicento e conclusa alle soglie dell’Ottocento. A sostegno di questa ipotesi, oltre alle dimensioni della tela, anche la presenza della scritta che compare sul tergo del dipinto («20/ Gio Batta Pittoni») in tutto e per tutto confrontabile con le altre della serie (fig. 1).
Il gruppo comprendeva «teste di carattere» di artisti assai diversi, alcuni dei quali poco o per niente votati a questo genere particolare; tra di essi possono essere ricordati Giambattista Tiepolo, autore nell’ambito del ciclo del Ritratto di giovane con libro di New Orleans, così come di un Dignitario della Serenissima, tuttora in collezione privata, Sebastiano Ricci, Mattia Bortoloni, Nicola Grassi, Francesco Fontebasso, Gaspare Diziani: in breve, tutti i migliori protagonisti della pittura veneta a cavallo tra Seicento e Settecento. Mangili, inoltre, notando la presenza nella collezione di un’altra opera di Pittoni, rappresentante Ragazza come Venere, datata intorno agli anni venti del Settecento, ipotizzava una cronologia simile anche per il dipinto in questione. Tuttavia, il grado di maturità stilistica e la ricca materia pittorica, perfettamente leggibile anche oggi nel buono stato di conservazione con cui l’opera si presenta, inducono a posticipare alquanto la datazione proposta e a riconsiderare una collocazione agli anni quaranta, così come suggerito a suo tempo da Zava Boccazzi. Nulla impedisce di pensare infatti che l’artista possa avere contribuito al ciclo a più riprese nel corso della sua carriera, così come altri pittori rappresentati nella serie.
Il dipinto è certamente una delle opere più belle della serie, oltre che uno dei capolavori di piccolo formato dell’intero catalogo di Pittoni: il volto che emerge dalla semioscurità del fondo, rischiarato alle spalle da una luce soffusa, è attraversato da un moto di riflessione sospesa. Incorniciato dai colori più preziosi, di smalto, blu, violetto e carminio, come nelle prove migliori dell’artista, e intessuto di riflessi d’oro, è una delle testimonianze più efficaci della via autonoma proposta da Giambattista Pittoni, avvicinabile più al Rococò internazionale che alla maniera di tocco della linea vincente di Ricci e Tiepolo che caratterizza la prima metà del Settecento italiano.
[Denis Ton]