Muse Metafisiche (Maschere) (Composizione metafisica) (Castore e Polluce)

1918

Anno di accessione 1979-1983

Olio su tela, 55 x 35 cm

Firma sul recto a sinistra: «g. de Chirico»

Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte

Deposito a lungo termine Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

Inv. CC.20.P.DEC.1918.B5

Provenienza: Casa d’arte Bragaglia, Roma (fino al 1937); Galleria del Milione, Milano (fino almeno all’ottobre 1939); Collezione Riccardo e Magda Jucker, Milano (almeno fino al 1949); Galleria del Milione, Milano (inv. 5548); Collezione Adriano Pallini, Milano (almeno dal gennaio 1950); Galerie Marie-Louise Jeanneret, Ginevra (almeno dal dicembre 1979).

Esposizioni: Giorgio de Chirico, mostra senza catalogo (Roma, Casa d’Arte Bragaglia, 2-22 febbraio 1919, come Castore e Polluce); Ginevra 1920-1921 (p. 17, n. 37, come Composizione metafisica o Quadro metafisico); Roma 1937 (p. 15, n. 137, come Muse metafisiche, Coll. Bragaglia, in vendita); Milano 1939b (n. 14, come Le maschere, 1917); L’Aia 1949 (come Méditation matinale); Bruxelles 1950 (come Masques); Parigi 1950 (n. 41, come Masques); Londra 1950b (p. 12, n. 51, come Masks); Ginevra 1979-1980; Verona-Milano 1986-1987 (p. 105, ill.); Padova 2007 (n. 23, come Muse metafisiche, 1918, collezione privata); Ferrara 2015-2016 (n. 70, come Muse metafisiche o Composizione metafisica).

Bibliografia: Zervos 1950, p. 137, n. 1; Fagiolo dell’Arco 1984, n. 129; Baldacci 1997, p. 386, n. 137 (come Composizione metafisica – Muse metafisiche, marzo 1918); Fondazione Giorgio e Isa de Chirico 2018, vol. 4, p. 87, n. 1396, ripr. in copertina; La Collezione Cerruti 2019, p. 33, ill.; Benzi 2019, ill.

Muse metafisiche, che Giorgio de Chirico dipinse a Ferrara nella primavera del 1918, presenta un tema chiave della sua iconografia, quello del manichino, che troverà enorme risonanza nello sviluppo della pittura metafisica in Italia durante il primo conflitto mondiale e nell’arte d’avanguardia tra le due guerre.

Muse metafisiche, che Giorgio de Chirico dipinse a Ferrara nella primavera del 1918, presenta un tema chiave della sua iconografia, quello del manichino, che troverà enorme risonanza nello sviluppo della pittura metafisica in Italia durante il primo conflitto mondiale e nell’arte d’avanguardia tra le due guerre. I manichini di de Chirico anticipano, però, l’esperienza dell’Italia e della guerra; si ritrovano già nei quadri che l’artista dipinse a Parigi nella primavera-estate 19141. Distillato metafisico di due motivi centrali dell’immaginario dechirichiano, l’artista come poeta-filosofo-viaggiatore, o visionario guidato da una visione interiore, e l’analogia uomo-statua-manichino rappresentativa della ricerca metafisica dell’essenza al di là delle apparenze, essi derivano da un fruttuoso scambio d’immagini tra de Chirico, il fratello Alberto Savinio e il poeta Guillaume Apollinaire che, nel 1914, collaborarono all’opera Les Chants de la mi-mort2. Il dramma fu scritto e musicato da Savinio, che compare anche come l’autore delle scene e dei costumi. Tuttavia, l’iconografia del protagonista, un «uomo calvo… senza voce, senza occhi e senza viso», deriva dal poema Le Musicien de Saint-Merry (1913) di Apollinaire e dalle statue senza testa dei primi quadri di de Chirico.

Sempre a Parigi, de Chirico introdusse il tema del manichino e del suo doppio in una serie di quadri che esplorano le ambiguità della figura contrapponendo (attraverso l’alternanza di riferimenti coloristici e iconografici) identificazioni maschili e femminili, cultura classica e di massa, idee di completezza e frammentarietà3. Secondo Paolo Baldacci, il manichino e il suo doppio sono da intendersi «come un omaggio al contributo di Savinio alla creazione dell’arte metafisica»4. Sicuramente l’idea di fraterna complementarietà occupa un ruolo importante nello sviluppo delle coppie di manichini. Muse metafisiche riprende infatti l’iconografia de Le due sorelle  dell’inverno-primavera 1915, uno degli ultimi quadri dipinti da de Chirico a Parigi prima del trasferimento in Italia in maggio e rimasto nella galleria del suo mercante Paul Guillaume, che lo espose al Salon d’Antin di André Salmon nell’estate del 1916. È probabile che il titolo al femminile di quel dipinto si debba a Guillaume o al curatore della mostra, ma va notato che le muse Cerruti sono coeve del celeberrimo dipinto Le muse inquietanti (dalle mitiche muse-sorelle Melpomene e Talia), insieme alle quali furono esposte per la prima volta con il titolo di Castore e Polluce, i due mitici eroi-fratelli con cui de Chirico e Savinio identificavano le proprie ricerche artistiche sin dalla fanciullezza in Grecia5.

Come le «due sorelle» parigine, Muse metafisiche giustappone una coppia antitetica: dietro una figura scura con due aperture a mo’ di elmo in primo piano, che sembra riprodurre l’assemblaggio di costruzioni in legno o metallo saldato e oggetti ready-made quali una parrucca o una squadra, fa capolino una figura bianca, verosimilmente modellata in gesso, che porta in volto il segno metafisico della propria visione interiore. Il contrasto tra opposti è rispecchiato nelle muse Cerruti dal motivo della finestra nella stanza, tipico dei quadri ferraresi di de Chirico, in cui all’interno di un angusto atelier, con gli strumenti del mestiere a rappresentanza della legittimità della propria identità artistica, fa eco un esterno monumentale sentito come patrimonio oggettivo.

L’opera fu inclusa nella prima personale assoluta di de Chirico allestita da Anton Giulio Bragaglia a Roma nel febbraio del 1919, la cui risonanza oltralpe segnerà l’inizio dei rapporti tra de Chirico e André Breton. Figura in un’esposizione internazionale, a Ginevra, già nel 1920. Un’etichetta espositiva apposta sul retro del dipinto, seppur strappata e lacunosa, permette di ricondurre il titolo Le maschere, con cui l’opera iniziò a essere conosciuta degli anni trenta, alla «VI mostra interprovinciale del Sindaco fascista Belle Arti del Lazio» che si tenne a Roma, a Palazzo delle Esposizioni, nel 19366. Tuttavia nessun lavoro di de Chirico figura nel catalogo di quella mostra7. In ogni caso il quadro fu incluso nella mostra inaugurale della Galleria di Roma nel 1937 e nelle prime grandi rassegne di arte italiana moderna del dopoguerra che si tennero a Parigi, Bruxelles e Londra nel 19508.

[Silvia Loreti]

1 Si vedano G. de Chirico, Andrò… il cane di vetro, aprile-maggio 1914, olio su tela, 69 x 57,5 cm, collezione privata, e G. de Chirico, La nostalgia del poeta, aprile-giugno 1914, olio su tela, 89,7 x 40,7 cm, Venezia, Peggy Guggenheim Collection.

2 Savinio 1914, pp. 413-426.

3 Si veda G. de Chirico, Il duo (Manichini con torre rosa), inverno 1914-1915, 81,5 x 59 cm, New York, The Museum of Modern Art.

4 Baldacci 1997, p. 272.

5 Giorgio de Chirico, mostra senza catalogo (Roma, Casa d’Arte Bragaglia, 2-22 febbraio 1919). Si veda G. Roos, Giorgio de Chirico, la mostra alla Casa d’Arte Bragaglia nel febbraio del 1919 e la fine della pittura metafisica. Recensioni e reazioni, in Ferrara 2016, p. 122. Ringrazio Fabio Cafagna per avermi fornito questo saggio.

6 Ringrazio Luisa Mensi per l’aiuto nella lettura dell’etichetta.

7 Ringrazio Clementina Conte, Fondi storici, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma; e Giulia Beatrice, dottoranda, Universität Zürich e pre-doctoral fellow, Bibliotheca Hertziana – Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte per l’aiuto nelle ricerche relative alla mostra.

8 Parigi 1950; Bruxelles 1950; Londra 1950b. Ringrazio Rosalind McKever per avermi fornito una copia del catalogo dell’Arts Council of Great Britain.