Natività

Artista Bernardo Daddi

1330-1335

Anno di accessione 1993

Oro, tempera e vernice su tavola, 13,5 x 15,3 cm

Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte

Deposito a lungo termine Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino

Inv. CC.22.P.DAD.1330.A14

Provenienza: Collezione Bernard Berenson, Settignano (Firenze); Nicky Mariano, Settignano (Firenze); Collezione Anrep, Milano (1963); Wildenstein, Londra, The Art of Painting in Florence and Siena from 1250 to 1500, 1965 (lot. 4, p. 5); Galleria Marco Voena, Milano

Bibliografia: Berenson 1963, vol. I, p. 55; S. J. Gore, in Wildenstein, Londra, The Art of Painting in Florence and Siena from 1250 to 1500, 1965 (lot. 4, p. 5); Boskovits 1984, p. 362, pl. CLXXXIX; M. Boskovits, in Offner 1989, pp. 83, 206 nota 1; C. B. Strehlke, cat. 28, in Strehlke, Brüggen Israëls 2015, pp. 224-227, in part. 227; C. B. Strehlke, M. Israëls, in Strehlke, Brüggen Israëls 2015, p. 74.

La fantasia aneddotica di Bernardo emerge nella ferialità del gesto di Maria, che dopo il bagno ha fasciato il Bambino e adesso lo accomoda con premura nella mangiatoia, un dettaglio iconografico di ascendenza giottesca largamente presente nelle sue opere, non solo in quelle della piena maturità.

La Natività va in scena in un paesaggio roccioso, all’interno di una capanna di cui si intravedono i sostegni di legno e il tetto di paglia. Maria, seduta affianco alla mangiatoia riscaldata dall’asino e dal bue, vi adagia dolcemente il Bambino. Due schiere di angeli, cinque a destra e cinque a sinistra, entrano gioendo della nascita del Salvatore.

Resecata in alto e in basso ma non sui lati, la tavoletta presenta una venatura del legno verticale, e doveva appartenere all’anta sinistra di un trittico richiudibile. La superficie dipinta è in discrete condizioni, specie negli incarnati rosei e lattiginosi; si apprezzano ancora le sottili filettature in oro a missione che impreziosivano le vesti e le ali degli angeli, mentre quelle sulla tunica e sul manto di Maria sono più abrase. La decorazione delle aureole è piuttosto semplificata: negli angeli una semplice fila di bolli sul bordo esterno, che in quella di Maria raddoppia per mettere in mezzo un giro di punzoncini a rosetta. La croce sul nimbo del Bambino è «disegnata» con la sola impressione della punta dello stiletto e impreziosita da un piccolo punzone a doppio cerchio nei bracci. La pregiata tessitura cromatica traspare nei toni pastello delle vesti degli angeli, speculari nella disposizione ma chiasticamente variati negli atteggiamenti; l’azzurro intenso del manto di Maria era ravvivato all’interno da un risvolto translucido ottenuto con verderame, oggi ossidato1; le calde velature aranciate sulla tunica si addensano nelle zone in ombra e si schiariscono in quelle in primo piano.

Il dipinto fu acquistato da Francesco Federico Cerruti sul mercato milanese2. In passato era appartenuto a Bernard Berenson, che lo aveva donato a Nicky Mariano; da questa era passato alla sorella, la baronessa Alda von Anrep, a Milano, e quindi a suo figlio Cecil, presso cui si trovava ancora nel 19633, ma non più nel 19654. Quella di Berenson è anche la prima menzione critica dell’opera, e l’inclusione nel catalogo di Bernardo Daddi è stata accolta negli studi successivi5. È recente il tentativo da parte di Carl Strehlke6 di individuare il complesso di provenienza della tavoletta in un trittichetto di cui resta l’anta opposta, quella destra, della Collezione Berenson (Villa I Tatti), che dispiega la Crocifissione sul lato interno, e San Cristoforo su quello esterno, e che sarebbe da completare in alto con una Vergine annunciata del Musée Bonnat di Bayonne (inv. 971), già associata al pannello Cerruti da Boskovits7. Giocano a favore l’identica larghezza dei frammenti e la consonanza del momento stilistico, ma anche, potremmo aggiungere, l’uso dello stesso punzone a rosetta nelle aureole delle pie donne alla sinistra della Croce.

La vastità del corpus di Bernardo Daddi e la serialità di questo tipo di manufatti prodotti nella sua bottega impongono prudenza. In ogni caso il confronto con altri esemplari, come quelli datati del Museo del Bigallo (1333) e del Courtauld Institute (1338), ma anche quello del Lindenau-Museum di Altenburg, suggerisce che la capanna della Natività occupasse la zona centrale dell’antina, non quella superiore; sopra di essa doveva trovare spazio un semplificato Annuncio ai pastori, con un solo personaggio affacciato sopra il tetto rivolto verso l’angelo in alto a destra, mentre in basso il paesaggio roccioso si sarà sviluppato per ospitare la figura di san Giuseppe8.

La fantasia aneddotica di Bernardo emerge nella ferialità del gesto di Maria, che dopo il bagno ha fasciato il Bambino e adesso lo accomoda con premura nella mangiatoia, un dettaglio iconografico di ascendenza giottesca largamente presente nelle sue opere, non solo in quelle della piena maturità. La datazione della piccola Natività sarà infatti da anticipare leggermente rispetto a quella proposta da Strelhke al secondo lustro degli anni trenta, per le ombre ancora pungenti, memori di un iniziale apprendistato in rapporto con la cosiddetta «fronda giottesca», e per alcuni dettagli in punta di pennello dalla spiccata espressività, come la peluria ritta dell’asino o il fieno nella mangiatoia.

[Giovanni Giura]

1 Il dettaglio compare inalterato nell’altarolo di Bernardo Daddi oggi al Courtauld Institute di Londra.

2 Da Marco Voena, secondo una comunicazione orale di Annalisa Ferrari.

3 Berenson 1963, p. 55. 4 Wildenstein, Londra, The Art of Painting in Florence and Siena from 1250 to 1500, 1965 (lot. 4, p. 5).

5 Tra gli altri Boskovits 1984.

6 C. B. Strehlke, in Strehlke, Brüggen Israëls 2015.

7 M. Boskovits, in Offner 1989, p. 206, nota 1.

8 Per una sinossi di questo schema iconografico nelle opere di Bernardo Daddi, si vedano M. Boskovits, in Offner 1989, pp. 46-47; A. Tartuferi, cat. 11, in Firenze 2005, pp. 75-76.