Sacco e rosso
Artista Alberto Burri
1954
Anno di accessione 1992-1993
Iuta, filo e colore acrilico-vinilico su tela nera, 100 x 86 cm
Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte
Deposito a lungo termine Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Inv. CC.23.P.BUR.1954.A72
Provenienza: Martha Jackson (acquistato direttamente dall’artista, giugno 1954); Galerie La Medusa, Roma (19 maggio 1975); Paolo Sprovieri o Rudolf Zwirner (entro il 1984); Collezione Claudia Gian Ferrari.
Esposizioni: New York 1954a; Burri, mostra senza catalogo (New York, Stable Gallery, 23 maggio – giugno 1955); Paintings and Sculptures from the Collection of Martha Jackson and Works by the Artists of the Gallery, mostra senza catalogo (New York, Martha Jackson Gallery, 24 gennaio – 11 febbraio 1956); Parigi 1956b (n. 6); Pasadena 1958; Aurora e sedi varie 1966-1968 (n. 6); Tokyo 1971 (tav. 12); Santa Barbara 1972 (n. 10, ill.); College Park-New York-Buffalo 1973-1974 (pp. 16 ill. [col titolo Lower Red], 44 n. 13); Minneapolis 1975 (n. 2, ill.); Venezia 1984 (n. 78, ill.); Bologna 1985-1986 (pp. 276, n. 215, 222 ill.); Roma 1987 (pp. 56 ill., 92); Milano 2005 (p. 453, ill.).
Bibliografia: Scala 1959, p. 11, ill.; Brandi 1963, p. 26, n. 10, ill.; Meyer 1967, p. 237, ill.; A. Bonito Oliva, La misura aurea della materia, in Roma 1979-1980, p. 15, ill.; Volpi Orlandini 1980, p. 406, n. 2, ill.; Caroli, Romano 1986, p. 25, ill.; Burri, Contributi 1990, pp. 104 n. 417, 105 ill., 481; Caroli 2001, pp. 526-527, n. 611, ill.; Corà 2015, t. I, p. 212, n. 500 tav., t. VI, p. 90, ill.; La Collezione Cerruti 2019, p. 69, ill.

L’opera di Alberto Burri che Francesco Federico Cerruti acquistò, grazie al suo occhio esperto, non solo apparteneva alla più nota serie dell’artista, i Sacchi, ma proveniva anche dalla collezione personale di Martha Jackson, l’influente mercante d’arte newyorkese.
Avvezzo a dare punti e suturare per via della sua formazione da medico, Burri cuce le sue linee con virtuosismo calligrafico, guidando l’occhio dell’osservatore su vari incidenti occorsi sulla superficie.
L’opera di Alberto Burri che Francesco Federico Cerruti acquistò, grazie al suo occhio esperto, non solo apparteneva alla più nota serie dell’artista, i Sacchi, ma proveniva anche dalla collezione personale di Martha Jackson, l’influente mercante d’arte newyorkese1. Dalla metà degli anni cinquanta Jackson aveva piazzato le opere di Burri nelle maggiori collezioni americane, riservando tuttavia per sé l’acquisto di alcune opere, tra cui quella qui esposta, da lei chiamata Lower Red (Rosso in basso)2. Martha Jackson l’acquistò dall’artista stesso, l’anno in cui venne realizzata e la prestò immediatamente per la sua seconda personale alla Stable Gallery, lo spazio d’avanguardia che contribuì in maniera sostanziale ad affermare la fama di Burri negli Stati Uniti (altri artisti italiani quali Afro, Emilio Vedova e Pietro Consagra debuttarono invece alla Catherine Viviano Gallery). Il titolo Lower Red attirava l’attenzione sulla composizione puramente astratta del piano pittorico, secondo una convenzione che piaceva ai collezionisti americani; Burri, invece, preferiva sottolineare la realtà materica delle sue opere, elencando semplicemente materiali, colori o tecniche. Di conseguenza, Sacco e rosso deve l’attuale titolo (reintrodotto non appena l’opera fu acquistata da Cerruti) alla iuta che ne costituisce il supporto e alla zona di brillante pigmento rosso. Nell’intenzione dell’artista, la materia grezza si trasforma paradossalmente in un oggetto di potenza visuale e affettiva fuori del comune.
I Sacchi (1950-1956) sono legati alle qualità tattili e alle connotazioni simboliche della prosaica iuta. In precedenza artisti come Paul Klee e Joan Miró avevano occasionalmente acquistato tagli di tessuto ruvido da utilizzare come tela pittorica, sfruttandone il fondo vergine e scabro per ottenere effetti materici aggiuntivi, come si può osservare in due opere della Collezione Cerruti: Mast= und Zier-Fische, 1938, di Klee e Femme et oiseau II/ IX, 1960, di Miró3. Burri è tuttavia il primo a usare la iuta sia come supporto sia come fondo pittorico; ogni Sacco era inoltre ricavato cucendo insieme frammenti di sacchi che erano serviti a contenere e trasportare generi alimentari e poi erano stati gettati via. Logori e sporchi, essi evocavano le ferite, la povertà e la vergogna dell’Italia del dopoguerra, ribadita dall’uso del saio di san Francesco d’Assisi da parte di associazioni e penitenti. Con il boom economico della fine degli anni cinquanta in Italia, il tema dell’umiliazione smise di essere rilevante e Burri terminò la serie. I Sacchi rivoluzionarono tuttavia l’arte dell’assemblaggio e aprirono la strada al fenomeno internazionale della Process art.
Sacco e rosso sembra contenere tre frammenti di iuta con una tonalità e densità di trama leggermente diversa: quello più grande e più leggero costituisce il grosso della tela; un secondo forma la striscia orizzontale in alto e un terzo è usato per le toppe circolari e ovoidali di varie dimensioni presenti nell’opera. I sottili contrasti tonali, insieme a macchie e scoloriture, evocano il chiaroscuro reso non dalla mano dell’artista, bensì dal passaggio del tempo. Burri richiama l’attenzione sulle convenzioni della pittura e del disegno, seppur capovolgendole. Avvezzo a dare punti e suturare per via della sua formazione da medico, cuce le sue linee con virtuosismo calligrafico, guidando l’occhio dell’osservatore su vari incidenti occorsi sulla superficie. Due cuciture preesistenti formano un arco interrotto in alto, mentre un filo sottile gira intorno alla piccola toppa in alto a destra, per poi spostarsi in basso, verso la brutale danza di sopraggitti piccoli e grandi che sembrano sforzarsi di tenere insieme il misero patchwork. Così come fa in Sacco e rosso, Burri era solito fornire un supporto strutturale alla iuta indebolita applicando sull’intero verso un tessuto di cotone nero. Quest’ultimo dà ulteriore rilievo al dipinto, facendo apparire le «ferite» ancora più profonde. Sul verso, si osserva che tracce del «rosso in basso» sono colate sulla superficie del tessuto di supporto; Burri scelse inoltre di firmare l’opera con lo stesso pigmento, dipingendo il suo nome in rosso marcato su nero.
Sacco e rosso spicca per la sua singolare iconografia: è l’unico esemplare della serie dei Sacchi in cui l’immagine è dominata da una grande forma ovoidale, distintamente delineata dai punti di cucitura e spaccata da un ampio squarcio al centro. Benché nelle aperture di altri Sacchi siano individuabili allusioni sessuali, qui l’immagine grezza richiama inequivocabilmente i genitali femminili, mentre l’area dipinta di rosso sangue accentua il senso di lacerazione fisica, pur aggiungendo paradossalmente un equilibrio compositivo e cromatico. La violenza di Sacco e rosso precede i famigerati tagli di Lucio Fontana (vedi Concetto spaziale, Attese, 1965) e ancor più alcuni Concetti spaziali aperti da squarci profondi circondati da uno spesso strato di pigmento, analogamente collocati all’interno di una forma circolare. Nonostante ciò, come si nota spesso nelle opere di Burri, questa aggressione è bilanciata dalla modestia del materiale e dal lirismo delle linee astratte realizzate con i fili, in quello che lui stesso definiva un «equilibrio squilibrato», visivo e psicologico. I neri e i rossi brillanti dell’artista (senza contare gli occasionali tocchi di oro) richiamano inoltre i gioiosi schemi cromatici dei dipinti su tavola del Trecento e Quattrocento, un’affinità che Cerruti poté forse intuire grazie alla sua amata collezione di capolavori umbri e toscani.
[Emily Braun]
Secondo la testimonianza orale di Annalisa Ferrari, Francesco Federico Cerruti acquistò l’opera da Claudia Gian Ferrari tra il 1992 e il 1993 [N.d.R.].
1 Paintings and Sculptures from the Collection of Martha Jackson and Works by the Artists of the Gallery, mostra senza catalogo (New York, Martha Jackson Gallery, 24 gennaio – 11 febbraio 1956); si veda M. Fontanella, Begun Behind Barbed Wire: Alberto Burri’s Early Career in America, in New York-Düsseldorf 2015-2016, p. 109, nota 39.
2 Sch. 1417 («Lower Red») con fotografia allegata; Martha Jackson Gallery Archives, University at Buffalo, Anderson Gallery, State University of New York at Buffalo.
3 Per un certo periodo di tempo, secondo la testimonianza di Annalisa Ferrari (come riportato da Fabio Cafagna), Cerruti allestì il Burri accanto a queste due opere, sulla parete dello scalone che dallo studio conduce al piano superiore, mostrando di percepire la loro comune materialità.