Olafur Eliasson

Olafur Eliasson pone gli spettatori al centro della propria indagine artistica. Stimolando l’incontro tra ciascun individuo e la propria soggettività, l’artista affronta uno dei nodi centrali della cultura contemporanea ed esalta il valore della molteplicità e della differenza rispetto al concetto di significazione univoca. Utopica e sottilmente rivoluzionaria, la pratica di Eliasson, di origine islandese e cresciuto in Danimarca, unisce la memoria dell’incontro con la natura alle ampie diramazioni della ricerca scientifica e del pensiero politico. Dispositivi costruiti per riproporre la potenza degli elementi naturali o produrre determinati fenomeni percettivi, i suoi lavori diventano opere d’arte quando incontrano i visitatori e vivono reiterando l’irripetibilità e il carattere effimero di tale momento. Evitando il romanticismo, l’apparato che consente il funzionamento dell’opera è parte della stessa e spesso si basa su tecnologia semplice o intuizioni che appartengono alla quotidianità.
In quanto esperienza comune, ma propriamente legato all’unicità di ciascuno, l’atto del vedere è oggetto di continue investigazioni da parte dell’artista. Molte sue opere sono ideate per sviluppare in ogni singolo spettatore la consapevolezza delle proprie, irripetibili, capacità visive. Nata dall’incontro con l’architettura del Castello di Rivoli, Your circumspection disclosed (La tua circospezione svelata), 1999, è, secondo le parole dell’artista, “un’estensione dell’occhio, o meglio una macchina per vedere”. Strutturata per trasformare il processo visivo in un’esperienza fisicamente percorribile, l’installazione è articolata in due ambienti separati da un muro bucato da un unico piccolo foro. A seconda dell’intensità della luce naturale, il primo ambiente funziona come una camera oscura, all’interno della quale è possibile vedere la realtà come proiezione rovesciata. Lievemente straniante, tale proiezione è data da due diverse porzioni semi-circolari della realtà esterna, unite a formare l’immagine di una finestra circolare. Avvicinando l’occhio al foro, si accede a una seconda visione, all’interno della quale le due metà invertono la propria posizione. Entrando nel secondo ambiente si ha infine la percezione fisica dell’apparato che ha creato la visione. Esso accorpa la grande finestra semi-circolare che caratterizza la sala con uno specchio semi-ellittico posizionato parallelamente al pavimento. Sia l’immagine proiettata che quella vista attraverso il foro si rivelano così delle anamorfosi, in quanto valide solo da una determinata prospettiva. Visto da vicino, lo specchio, come la fonte di Narciso, è pronto ad accogliere immagini diverse da quelle percepite precedentemente e, per ogni visitatore incontrato, è pronto a rimandare il ritratto di chi guarda.

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