Jan Dibbets. Un’altra fotografia

08 aprile 2014 - 29 giugno 2014

a cura di Marcella Beccaria

La prima grande rassegna internazionale parte del programma per il trentennale del Castello di Rivoli vede protagonista la figura e l’opera di Jan Dibbets, interprete di un’intensa stagione culturale europea e internazionale e tra i primi artisti a esporre al Museo nella mostra inaugurale Ouverture del 1984. Ordinata nelle sale al terzo piano della residenza sabauda, la mostra propone un ampio ed esaustivo excursus tra le maggiori opere dell’artista olandese a partire dai lavori degli esordi della fine degli anni Sessanta, sino ai giorni nostri. La rassegna, a cura di Marcella Beccaria e allestita in stretta collaborazione con l’artista, presenta la più ampia retrospettiva mai dedicata a Dibbets in un museo italiano, includendo una precisa selezione di opere particolarmente significative nello sviluppo del lungo percorso dell’artista, che copre quasi cinquant’anni di storia dell’arte contemporanea. Intenzionalmente, la selezione che comprende anche lavori che sono da tempo parte della collezione permanente del Castello, privilegia inoltre opere rare, quasi mai esposte in pubblico in quanto custodite per decenni in collezioni private.

Dibbets è uno dei pionieri dell’Arte Concettuale, di riconosciuta importanza per le generazioni di artisti che lo hanno seguito. “Piuttosto che ‘cosa’ vediamo – scrive Marcella Beccaria – i lavori dell’artista portano a chiedersi ‘come’ vediamo, ed è proprio da questi interrogativi fondamentali che essi hanno origine. In dialogo con alcuni tra i momenti salienti della cultura artistica occidentale, dalla pittura olandese all’arte italiana, e le relative teorie formali e prospettiche, la mente inquisitiva di Dibbets ha saputo costruire un innovativo percorso individuale che ha contribuito a sua volta a fondare nuovi linguaggi artistici. Tra i pionieri dell’Arte Concettuale, e parte degli esordi della Land Art e dell’Arte Povera, dalla fine degli anni Sessanta Dibbets è stato tra i primissimi a individuare un utilizzo della fotografia quale strumento “pensante”, operando una rivoluzione le cui conseguenze sono ulteriormente amplificate nella presente era digitale”.

Jan Dibbets. Un’altra fotografia / Another Photography si apre con opere che utilizzano l’immagine dell’orizzonte per indagare inedite possibilità della fotografia e delle illusioni visive legate al suo piano bidimensionale. Elemento quotidiano ma intangibile, l’orizzonte è lo spunto per l’artista per sviluppare una propria specifica modalità di visione e costruzione di nuovo spazio visivo, culturale
e filosofico. I visitatori sono accolti, all’ingresso del percorso espositivo, dalla doppia video proiezione Horizon – Sea III, 1971 e da relativi studi realizzati al tempo, così come da altre opere raramente esposte in pubblico come Five Island Trip, 1969 e Sea – Horizon, 1971. Ulteriori ricerche che Dibbets origina dall’osservazione dell’orizzonte sono allestite nella successiva sala 34, dove sono incluse opere storiche quali Flood Tide, 1969, Sea – Horizon 0° – 135°, 1972. Appartenente alla collezione del Castello è Comet Land/Sky/Land, 6° – 72°, 1973, parte dell’importante serie Comets, serie nelle quali l’artista compone l’immagine fotografica, installando le risultanti fotografie in dinamiche composizioni ad arco. Anche appartenente alla collezione del Museo è la più recente Horizon Land – Sea del 2007.
Per la volta prima presentati al pubblico italiano sono una serie di rarissime opere su carta relative alle prime Perspective Corrections, la serie che a ragione è considerata come cruciale per la formulazione dell’arte concettuale.

La mostra prosegue nella sala 35 con lavori che manifestano l’attenzione di Dibbets per la fotografia indagata in relazione agli effetti della luce, analizzando le trasformazioni che la macchina fotografica è in grado o meno di restituire, come in The Shortest Day at My House in Amsterdam del 1970, in The Shortest Day of 1970 Photographed from Sunrise to Sunset, Guggenheim Museum, New York del 1971, oppure in Daylight-Flashlight. Outside Light – Inside Light, 1971, la sequenza di immagini concerne variazioni di luce naturale e flash, realizzata a Torino. Sempre realizzata a Torino, propriamente nei locali della storica galleria Sperone, è Shadows on the Floor of the Sperone Gallery, 1971, dove Dibbets si concentra sulle forme disegnate dalla luce sul pavimento. Finestre compaiono più volte anche in lavori successivi come in Tollebeek Spring II, 2000 o Santa Creus, 1994, Tilburg III (Green), 1999, selezionate per la mostra.

I New Colorstudies che trovano posto nella sala 36, rappresentano un importantissimo gruppo di opere che arrivano al presente e che hanno origine da negativi scattati tra il 1975 e il 1976, quando Dibbets decise di concentrare la propria attenzione su dettagli di carrozzerie automobilistiche e sui loro riflessi colorati.
Le sperimentazioni sono una costante nell’opera di Dibbets, e molteplici modi di fotografare sono raccolti nella sala 37. Mai esposte precedentemente in gruppo, le Double Dutch Mountains compongono “panorami” fotografici di grande raffinatezza. Anche rarissime sono le opere della serie The Voyage of Captain SEH, 1976 precoce esempio di fotografia “appropriata”. Le Perspective Collection, rappresentano invece la capacità di Dibbets di riformulare, secondo nuove premesse, questioni artistiche alla base della sua ricerca concettuale.
Attraverso la selezione installata nella sala 38, la mostra si sofferma anche sulla ricca produzione di Dibbets degli anni Ottanta, quando reintroduce l’uso della pittura e lo impiega per giustapporre fotografia e pittura in lavori che indagano la percezione dello spazio a partire da edifici o loro dettagli architettonici. Nei primi esempi, l’introduzione della pittura riguarda opere realizzate prendendo spunto dalla residenza italiana dell’artista in Toscana, come per San Casciano Ceiling, 1980 o nel monumentale San Casciano Tryptich, 1983-1984. Tra le opere che completano il percorso espositivo, Kröller Müller Saenredam II, 1987 testimonia anche la perdurante relazione di Dibbets con il grande artista olandese Saenredam e i suoi noti interni di chiese, alla cui precisione visiva Dibbets ha scelto talvolta di ispirarsi.