Vanessa Beecroft

08 ottobre 2003 - 25 gennaio 2004

a cura di Marcella Beccaria

Nel giugno 1993, in occasione della sua prima mostra, Vanessa Beecroft presenta Despair, il cosiddetto “Libro del cibo”, un dattiloscritto all’interno del quale sono elencati tutti i cibi da lei ingeriti giorno per giorno, specificando quantità e colore.

In occasione dell’esposizione invita un gruppo di studentesse dell’Accademia di Brera e alcune ragazze incontrate casualmente a presentarsi quale “pubblico speciale”.

Sono trascorsi dieci anni da questo primo atto di riconoscimento con il quale Vanessa Beecroft identifica nell’immagine femminile l’ambito essenziale della propria ricerca, e inventa una propria forma espressiva esaminando questioni e ossessioni relative al corpo, alla bellezza e all’identità. La sua opera rappresenta una svolta radicale nella storia della Performance Art e affronta apertamente argomenti controversi appartenenti alla cultura contemporanea, come la ricerca di stereotipi, l’ansia della molteplicità e la violenza della cultura dell’immagine. Ad oggi cinquantadue, le performance sono indicate con una numerazione progressiva, in quanto secondo le intenzioni dell’artista il loro insieme compone un unico lavoro.

Protagoniste dei primi eventi performativi sono giovani donne, conoscenti o persone reclutate per strada, variamente abbigliate a comporre un forte impatto visivo e formale, talvolta dominato da un’ampia gamma cromatica, ma più spesso monocromo, incentrato soprattutto sui colori rosso, giallo, rosa, bianco oppure nero. Le modelle sono scelte in base alla loro somiglianza a precise tipologie femminili che l’artista mette in luce, insistendo inizialmente su ossessioni di natura alimentare, squilibri comportamentali indagati anche attraverso il disegno. Numerosi sono i riferimenti alla storia dell’arte e in particolare alla pittura e forte è il legame con il linguaggio del cinema. Progressivamente, le performance vengono realizzate impiegando modelle professioniste, persone appartenenti alla sua cerchia familiare e con il contributo di stilisti, truccatori e acconciatori.
In alcuni casi, le modelle non indossano vestiti, ma i loro corpi nudi sono truccati con cosmetici specifici che ne esaltano la pittoricità. L’artista estende la vita delle performance con polaroid e video e impiega fotografi professionisti e videomakers che l’affiancano nella realizzazione di ulteriori opere che nascono dell’evento performativo.

La mostra al Castello di Rivoli presenta per la prima volta in un unico contesto museale un’ampia selezione dell’opera di Beecroft attraverso video, fotografie e installazioni inedite, soffermandosi sui momenti salienti del suo percorso e esaminando con particolare attenzione la portata della sua indagine più recente.

Marcella Beccaria
Curatore