Il restauro di Andrea Bruno

In vista dei festeggiamenti per il centenario dell’Unità d’Italia, grazie all’interessamento di Umberto Chierici, il soprintendente ai Monumenti del Piemonte, anche al Castello di Rivoli vengono destinati dei fondi per il restauro. I primi rilievi vengono realizzati dal giovane architetto torinese Andrea Bruno. Purtroppo l’iniziativa non verrà portata a termine dato che i fondi impegnati bastavano a malapena per riparare i danni della struttura. Qualche anno dopo, nel 1967, lo stesso Bruno procederà ad abbattere le parti marcescenti dell’atrio, realizzate ad inizio ‘900.

L’edificio nel 1978 versava in condizioni disastrose, le infiltrazioni d’acqua avevano intaccato i muri, le volte, i dipinti, gli stucchi, causando i primi crolli. Al secondo piano il cedimento di una volta farà si che la Regione Piemonte decidesse di prendere in carico l’edificio per 30 anni, impegnandosi a restaurarlo e poi aprirlo al pubblico.

I lavori prendono il via nell’agosto del 1979 per concludersi con l’inaugurazione del Museo d’Arte Contemporanea il 18 dicembre del 1984.

La scelta del restauro fu quella di mantenere le testimonianze superstiti dando importanza a tutti i momenti della vita del Castello, partendo dall’interruzione del cantiere juvarriano, passando per il lavoro di fine settecento di Carlo Randoni sino agli interventi per i militari.

Andrea Bruno evita di realizzare falsificazioni e completamenti, rispettando l’architettura, che diventa immagine reale della storia e delle vicissitudini della struttura. Ed ecco che esternamente come internamente sono stati conservati stucchi, cornici, dipinti danneggiati dalle ingiurie del tempo e dall’ incuria degli uomini.

Il restauro, per fornire ai visitatori un senso di finito della residenza sabauda, prevede per due sale l’esempio di integrazione. La scelta è ricaduta su una sala al primo piano appartenente al periodo juvarriano, dove viene realizzato il pavimento seguendo i progetti d’archivio, l’altra posta al secondo, appartenente alla stagione randoniana di fine settecento.

Bruno passa poi a valorizzare l’atrio non finito, ad installare lo sporto panoramico che sbuca dalla grande parete in mattoni del Castello, la grande scala sospesa, come anche la passerella che permette di passare sopra alla grande volta della sala 18, mettendo in dialogo passato e contemporaneità.

Una parte delle sale non presenta alcuna decorazione, e cede il passo a quelle connotate dagli ambienti che possiedono ricche decorazioni e che rimandano ai fasti della dinastia e ai momenti importanti vissuti da questa a Rivoli.

Parallelamente si procede, qualche tempo dopo, a restaurare la Manica Lunga, il luogo destinato all’esposizione delle collezioni di pittura di Carlo Emanuele I. A differenza del Castello, qui le scale e gli ascensori sono collocati all’esterno, vengono concepiti trasparenti per dar modo al visitatore di osservare la struttura non finita dall’alto. Andrea Bruno, pioniere nel concepirne la reversibilità, impiega ex-novo materiali moderni, sottolineando nuovamente questo rapporto tra contemporaneo e passato.

A Rivoli contenitore e contenuto dialogano insieme, i frescanti del passato dialogano con gli artisti di oggi.

( A.M.S.G)