Bruna Esposito

Le opere di Bruna Esposito possono essere paragonate a componimenti poetici, dove la forza e la leggerezza si incontrano continuamente secondo un equilibrio apparentemente fragile, capace però di aprire profondi spazi di riflessione. Le sue installazioni sono luoghi metaforici, atti ad accogliere in sé una molteplicità di interpretazioni, disponendo le condizioni per un dialogo diretto con ciascun singolo visitatore. Sapientemente calibrate, le sue opere sono costruite talvolta con un’intenzionale economia di mezzi, secondo scelte che privilegiano il rigore più che la ricerca della spettacolarità.
Identica per proporzioni e disegno a quelle usate in molti parchi pubblici, Aquarell – bitte nicht betreten (Acquerello – si prega di non calpestare), 1998, è una panchina da giardino i cui assi orizzontali sono però realizzati in specchio. Impiegando questo materiale, in luogo del legno o del ferro abitualmente usati, Esposito crea una scultura che sembra disposta a mutare la propria tridimensionalità in un’immagine quasi invisibile, leggera come l’acquerello che le dà il nome. Il materiale specchiante mette la panchina in relazione totale con l’ambiente nel quale è inserita, dotandola di un’identità intenzionalmente sfuggente. L’aspetto di Aquarell non è mai identico, in quanto soggetto alle condizioni atmosferiche, all’angolazione della luce solare e alla prossimità dei visitatori. A questa identità fluttuante corrisponde una fragilità che è insita nel materiale scelto, poco disponibile a resistere alle sollecitazioni esterne. Come spesso accade per le opere di Esposito, la fragilità è però apparente. Lo specchio nega infatti l’eventuale funzionalità della panchina: potenzialmente tagliente, esso non invita a sedersi per ammirare un eventuale panorama, ma dirige invece l’attenzione su di sé. Questo sottile ribaltamento determina un importante slittamento di senso che inserisce l’identità di chi guarda nel punto di vista che l’opera offre.
È parte di Aquarell la pianta di ortiche che, per indicazione dell’artista, deve crescere intorno alla panchina, quasi a definirne il territorio. La pianta, che si allunga anche tra gli assi della seduta e dello schienale, instaura una più completa fusione dell’opera con l’ambiente circostante, rendendola parte dell’elemento naturale. Strumento di difesa, l’ortica protegge l’opera nascondendola parzialmente. Il sottotitolo del lavoro, bitte nicht betreten (si prega di non calpestare), costituisce un ulteriore invito al rispetto. Secondo una metodologia che le è propria, l’artista ha scelto di mettere l’opera in una posizione lievemente defilata nel giardino del museo, in modo che la sua presenza possa essere scoperta progressivamente e non si imponga ai visitatori.

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