Haim Steinbach

«Io non realizzo oggetti, li trovo e li presento» ha dichiarato Haim Steinbach. L’aspetto rituale della presentazione in quanto atto del mostrare è una costante della poetica dell’artista che nel corso degli anni Ottanta sviluppa una serie di opere dove oggetti prelevati dal quotidiano vengono esibiti su mensole a muro. La scelta di presentare gli oggetti in combinazioni eterogenee, basate sulle differenti connotazioni sociali o culturali, è compiuta dall’artista in modo da mettere in evidenza il valore espositivo assunto dagli oggetti nei loro quotidiani accostamenti. Agendo come un archeologo del contemporaneo, Steinbach non solo espone gli oggetti prescelti ponendone in luce le caratteristiche fenomenologiche, ma ne sottolinea anche la componente affettiva, che rende l’oggetto un elemento essenziale nella costruzione dell’identità personale.
I lavori di Steinbach si pongono in una specifica relazione con l’ambiente espositivo, talvolta assecondandone particolari caratteristiche, talvolta agendo come interventi concettuali che contraddicono lo spazio e i suoi contenuti. In occasione della sua mostra personale al Castello di Rivoli nel 1995 l’artista ha realizzato La scala, un’alta torre in assi di legno grezzo. Esteriormente l’opera è caratterizzata da un’unica apertura, la cui forma richiama le originali porte interne dell’edificio sabaudo. Internamente, dietro a un’anticamera provvista di una nicchia che contiene due pozzi in miniatura, un percorso labirintico porta al centro della torre dove si trova un pozzo di ventilazione che misura circa un metro quadrato per sette di altezza. Qui una scala a pioli si innalza verso l’alta volta della sala nella quale l’opera è stata inizialmente installata, creando una suggestiva fuga prospettica. Con il suo percorso stretto e tortuoso, fatto anche di sviluppi verticali, La scala è innanzi tutto una riflessione sull’architettura e sui diversi desideri e intenzioni che essa rispecchia. Quale metonimia del Castello, la torre mette in gioco le dinamiche del potere e della conquista. Come per tutte le opere di Steinbach, anche in questo caso sono presenti riferimenti alle strategie del Minimalismo, come l’uso di forme geometriche semplici, impiegate quali moduli costruttivi esaltati nelle loro valenze strutturali ed estetiche. La ripetizione e la differenza sono assunte e contraddette dai due pozzi, miniature fatte a mano e quindi differenti nei dettagli. Il pozzo è proposto come parte costituente del Castello: un profondo pozzo è stato trovato nel corso dei restauri ed è tuttora visibile da una sala del primo piano. In quanto struttura che nasconde il proprio interno, La scala può anche essere letta come critica al concetto di museo, nato come luogo-contenitore per le opere d’arte, ma che irrimediabilmente finisce per separarle da mondo.
Gelded eyes # 4 (occhi evirati n. 4), 1987-1990, riunisce su una mensola maschere dalle sembianze fantascientifiche – esemplari di particolari mutazioni organiche – e ceste di uova, anch’esse embrioni destinati a trasformarsi. Le maschere, chiaramente ispirate a film hollywoodiani, e le uova, ceramiche italiane di Bassano, provengono, come spesso succede per i materiali impiegati dall’artista, da sopralluoghi in negozi e botteghe dei generi più svariati.
Coat of arms (stemma araldico), 1988, è una tra le prime opere in cui l’artista utilizza un contenitore insieme all’elemento emblematico delle mensola. All’interno della struttura, che ricorda un armadio, sono disposti abiti da uomo realizzati da noti stilisti, affiancati da quattro abiti-scultura scolpiti in legno da un artigiano veneziano. La mensola accoglie una scultura bronzea francese del XIX secolo, che rappresenta un uomo intento a spaccare un pezzo di legno. Su di essa sono anche posate quattro tube in ottone. L’archetipo, la metonimia e la serialità sono tra i motivi che Steinbach analizza in quest’opera, insieme alle convenzioni formali che dettano i comportamenti sociali.

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