Pipilotti Rist

Nella installazione audio-video Cinquante Fifty (Installation for a Parking Lot) (Cinquanta Cinquanta – Installazione per un parcheggio), 2000, Pipilotti Rist si sofferma su una quotidianità incongrua, dominata da spiazzanti caratteristiche oniriche. Quasi potesse volare, sfidando ogni principio di gravità, la videocamera dell’artista indaga, da più angolature, la grigia facciata di un condominio, fino a scoprire due presenze umane. Affacciata al davanzale, nell’occupazione tipica di chi cerca di evadere dalla noia, la prima è una donna di mezza età, apparentemente indifferente ai movimenti della videocamera. Interpretata dalla stessa artista, la seconda donna è invece attratta dall’obiettivo del video. Come in un gioco infantile, cerca di catturarne l’attenzione e preme il volto contro la finestra chiusa, fino a deformare i propri lineamenti. Confinata dietro al vetro, come un pesce condannato all’isolamento dell’acquario, la giovane donna sembra però incapace di lasciare i confini dell’appartamento. Fugaci immagini di alberi in fiore frammentano la sequenza delle riprese. Un uomo che cammina lungo il bordo di un’autostrada deserta è l’altro protagonista dell’installazione. Forse diretto verso una meta precisa, l’uomo si muove con passo veloce. Totalmente assorto, non sembra accorgersi della propria nudità, né della fugace presenza di una vettura, all’interno della quale è sistemata la videocamera che lo riprende. Una musica ipnotica, basata sulla ripetizione di poche note, completa l’installazione, unendo nella stessa atmosfera l’isolamento di ciascuna delle due donne e la solitudine dell’uomo. Inizialmente pensata per gli spazi di un parcheggio sotterraneo, l’opera è stata riconfigurata da Rist per gli ambienti del Castello di Rivoli ed è proiettata direttamente sulle pareti e sul soffitto, incorporando i dettagli architettonici e gli affreschi della sala prescelta. Secondo una pratica di autoappropriazione, alcune delle immagini che compongono l’installazione compaiono anche in altre opere tra cui Remake of the Weekend (Rifacimento del fine settimana), 1998, liberamente ispirata al film di Godard Weekend – Un uomo e una donna dal sabato alla domenica, 1967, e la serie di installazioni conosciute come Himalaya Goldestein Stube (La camera di Himalaya Goldestein), 1997-1999, incentrate sull’alter ego di Rist di nome Himalaya Goldstein.
Creatrice di universi psichedelici, sensuali, ironici e talvolta erotici, Rist utilizza il video esaltandone in senso espressivo le qualità pittoriche. Come ha dichiarato più volte, la sua intenzione non è quella di usare la tecnologia elettronica per registrare o imitare la realtà. Piuttosto, l’artista dirige la propria indagine prevalentemente ai territori dell’inconscio, intendendo sia quello personale sia quello tecnologico, e predilige colori acidi e intenzionali disturbi o errori di registrazione. In aperto dialogo con la cultura di massa, sia quella visiva sia quella sonora, molte sue opere attingono alla dimensione domestica, proponendo ambienti abitabili all’interno dei quali si intrecciano sensibilità femminile, caratteristiche ludiche e componenti auto-riflessive.

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Pipilotti Rist è l’originale inventrice di un particolare universo visivo e sonoro all’interno del quale la dimensione sensoriale e quella emotiva sono i principali protagonisti. Le sue opere, ideate come video per trasmissione su monitor o complesse installazioni multimediali, includono elementi di performance, poesia, musica e scultura, mirando a coinvolgere i visitatori in un’esperienza totale. L’articolato percorso di Rist, oltre agli studi in video e animazione, include un periodo di attività come disegnatrice di set per gruppi musicali e una lunga militanza come musicista nel gruppo Les Reines Prochaines. La frequentazione e il suo interesse nei confronti della cultura popolare, in particolare il mondo della musica rock, rappresenta un’importante componente delle sue opere, insieme alla ridefinizione di una particolare sensibilità femminile.
Fin dagli esordi, a partire da video per canale unico, come I’m Not the Girl Who Misses Much (Non sono il tipo di ragazza che si perde molto), 1986 l’artista ha infatti usato il linguaggio visivo e sonoro della musica per un’analisi dei codici comportamentali codificati dai mass media. Rist, il suo volto e il suo corpo, figurano talvolta come protagonisti di tali opere, ma l’artista, più che all’autobiografia si interessa a definire un ambito comune che la possa mettere in contatto con il pubblico. Questo contatto viene raggiunto, soprattutto nel caso delle installazioni, immergendo letteralmente il pubblico in un ambiente che è mentale, psichedelico, sensuale, ironico ed erotico al tempo stesso. Come ha dichiarato più volte la sua intenzione non è quella di usare la tecnologia video per registrare o imitare la realtà. Anzi, secondo Rist, tale tecnologia non può rivaleggiare con la complessità del reale. Piuttosto, l’artista spiega il suo interesse nei confronti del video in quanto mezzo malleabile, dotato di qualità pittoriche eppure appartenente alla quotidianità contemporanea. Esasperando questa prossimità, Rist sperimenta l’intera gamma delle possibili elaborazioni visive, ideandone di nuove ed elaborando una personale estetica fatta di colori acidi e saturi e immagini intenzionalmente disturbate oppure distorte. Pulsanti e vitali, i video e le installazioni dell’artista, come se si trattasse di un flusso di pensieri ed emozioni resi visibili, trasmettono caratteristiche quasi organiche. In numerose interviste, Rist stessa ha espresso il suo interesse nei confronti dell’inconscio, intendendo sia quello personale sia quello tecnologico. [MB]

Elenco opere

I’m Not the Girl Who Misses Much (Non sono il tipo di ragazza che si perde molto), 1986
video, colore, sonoro, 7’46”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
Rist canta a squarciagola le parole che danno il titolo all’opera, ispirandosi alla canzone di John Lennon Happiness is a Warm Gun (La felicità è una pistola fumante). Le particolari distorsioni del suono, le immagini dai colori saturi e l’uso della cultura popolare pongono le premesse per le opere video successive. L’artista è l’energica fonte creativa di questo particolare universo sensualmente femminile e contagiosamente ironico.

Sexy Sad I (Seducente Sadico I), 1987
video, colore, sonoro, 4’36”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
Ispirato ai video musicali, ma portato a divertenti eccessi, questo video è un’indagine ravvicinata di un anonimo corpo maschile. L’attento scrutinio è reso con colori estremamente saturi e l’ambientazione è un contesto campestre. Il titolo si ispira alla canzone Sexy Sadie (Seducente Sadie) dei Beatles, la cui melodia è impiegata come colonna sonora.

(Entlastungen) Pipilottis Fehler (Assoluzioni – Gli errori di Pipilotti), 1988
video, colore, sonoro, 11’10”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
Le immagini di questo video sono caratterizzate da elaborazioni sperimentali che ne esaltano la pittoricità. Difetti e imperfezioni diventano così momenti di pura poesia e trasformano l’opera in una ricerca sul subconscio e sulla psicologia della macchina.

You Called Me Jacky (Mi hai chiamata Jacky), 1990
video, colore, sonoro, 4’06”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
Divertente e straniante, il video mette in scena l’artista che impersona con travolgente energia il ruolo della rock star. Rist imita la nota cantante Madonna, esagerandone movenze e gestualità. Così facendo proclama sia la propria dipendenza dalla cultura popolare sia il proprio diritto a usarla come fonte di ribellata ispirazione.

Als der Bruder meiner Mutter geboren wurde, duftete es nach wilden Birnenblüten vor dem braungebrannten Sims (Quando nacque il fratello di mia madre, dal davanzale marrone bruciato arrivava il profumo dei fiori del pero selvatico), 1992
video, colore, sonoro, 3’55”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
L’evento della nascita è rappresentato nel tranquillo contesto delle alpi svizzere. Il video unisce il mondo privato dell’artista, la sua cultura pop e la cultura di massa. Come nel caso di altre opere, anche in questo video l’artista ha partecipato alla composizione della colonna sonora.

Pickelporno (Pornopustola), 1992
video, colore, sonoro, 12’02”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
L’incontro carnale tra un uomo asiatico e una donna europea è il soggetto del video, girato applicando una piccola videocamera da sorveglianza all’estremità di un’asta. Immagini in soggettiva dei corpi, i cui dettagli sono amplificati a dismisura, sono alternate a ilari visioni di fiori e frutti. L’opera può essere interpretata sia come parodia di un banale video pornografico o come interpretazione sensuale di un genere che è tradizionalmente privo di intenti artistici.

Blutclip (Bloodclip) (Video di sangue), 1993
video, colore, sonoro, 2’40”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
Strutturata come un video musicale che celebra il ciclo riproduttivo femminile, l’opera mette in luce la personale visione femminista dell’artista e la sua capacità di trattare con energica allegria argomenti difficili. In questo caso, Rist riprende il proprio corpo nudo in una foresta e immagini del suo sangue mestruale sono giustapposte a animazioni della luna e dei pianeti.

I’m a Victim of This Song (Sono una vittima di questa canzone), 1995
video, colore, sonoro, 5’06”
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
La popolare canzone Wicked Game (Gioco perverso) del cantante Chris Isaak è interpretata dall’artista. Le parole sono urlate, i gesti comicamente scomposti e le immagini elaborate in modo da trasmettere l’essenza del personale mondo di Rist, ironicamente sovrapposto al sentimentalismo e alla malinconia dell’interprete originario.

Aujourd’hui (Oggi), 1999
video, colore, sonoro, 10′
Acquistato con il contributo di Compagnia di San Paolo
Versione per monitor dell’installazione I Couldn’t Agree With You More (Non potrei essere più d’accordo). La videocamera è fissa sul volto dell’artista, caratterizzato da uno sguardo ipnotico. Simili a pensieri ricorrenti o fugaci, piccole immagini animano il suo viso, ipotizzando la possibilità di un contatto quasi telepatico con gli osservatori.