Annette Lemieux
L’opera Hobo Jungle (Giungla dei barboni) è stata realizzata da Annette Lemieux in occasione della mostra personale presso il Castello di Rivoli nel dicembre 1992 e unisce il tema generale della guerra a quello particolare del luogo dell’esposizione. La fotografia che ha offerto all’artista spunto per la propria opera ritrae il terzo piano del Castello di Rivoli, semidistrutto da un bombardamento durante l’ultima guerra mondiale. In essa, tre soldati, muniti di secchielli, sembrano cercare qualcosa in mezzo alle macerie del tetto bruciato che ricoprono il pavimento. Su questa drammatica immagine che riproduce un evento reale, l’artista ha applicato alcuni ritagli circolari di stoffe colorate, recanti stelle e altre decorazioni, che cadono all’interno della stanza dall’apertura del soffitto. Questa semplice modifica interferisce con l’evidente significato originario dell’immagine. Come elaborata da Lemieux, la fotografia diventa volutamente ambigua e sembra quasi ritrarre tre soldati che con i loro secchi cercano di raccogliere sfere colorate piovute dal cielo. L’atmosfera della scena diviene stranamente magica, quasi felliniana. Di fronte alla fotografia l’artista ha collocato due cuscini di una vecchia poltrona, strappati e scoloriti come se anch’essi fossero recuperati dal bombardamento. Come indicato nel titolo, l’opera associa le tragedie legate alla guerra ad allusioni alla realtà contemporanea, riferendosi ai senzatetto che vivono nelle grandi città. I cuscini di poltrona richiamano infatti il drammatico riutilizzo di ogni sorta di rifiuto della società opulenta e trascendono il riferimento storico alla guerra dall’immagine fotografica originaria. Da segni di abbandono diventano ambivalenti segni di vita, più precisamente di volontà di vita, come le forme colorate che piovono dallo squarcio del tetto.
L’uso di immagini e oggetti preesistenti, inseriti in nuovi contesti e combinazioni così da creare imprevedibili significati è una pratica che caratterizza l’opera di Annette Lemieux a partire dagli anni Ottanta. L’artista ha impiegato spesso immagini o oggetti relativi al secondo conflitto mondiale, affrontando in senso critico i drammatici temi a esso relativi. Insieme a frammenti della storia sociale del suo Paese, o del mondo intero, nelle sue installazioni compaiono allo stesso titolo personali ricordi di infanzia, a significare che l’interiorità e la realtà esterna non sono due mondi contrapposti, ma un’unica dimensione che per l’artista diventa operativa in nome di una sua responsabilità sociale.
[G.V.]