Elena Mazzi

Con un approccio che si potrebbe definire antropologico, la pratica artistica di Elena Mazzi indaga storie e territori specifici, concentrandosi in particolare su momenti traumatici della loro storia e sulle tensioni che li attraversano. La sua ricerca ha carattere processuale e si basa sull’instaurazione di dialoghi e alleanze, dando vita a progetti multidisciplinari e collaborativi.
SILVER RIGHTS (DIRITTI D’ARGENTO), 2021, nasce da una ricerca condotta dall’artista in Patagonia, in particolare nelle aree abitate dai popoli Mapuche, termine che significa “gente” (che) “della terra” (mapu). Mazzi si è concentrata sul profondo legame ancestrale che lega queste comunità ai luoghi che abitano, un rapporto storicamente compromesso dal colonialismo che, a partire dalla conquista spagnola nel XVI secolo, si è protratto in un continuo di violenze e soprusi che hanno portato alla delocalizzazione delle popolazioni indigene e alla
limitazione dei loro diritti civili, fino a comprendere le pratiche neoestrattiviste dei giorni nostri. Tali pratiche sono favorite da politiche e accordi commerciali stipulati tra i governi sudamericani e multinazionali straniere, tra cui l’azienda italiana Benetton. L’indagine di Mazzi si focalizza anche sulla nascita del Museo Leleque, museo antropologico dedicato ai popoli Mapuche e costruito proprio su
terre di proprietà del Gruppo Benetton. Nel Museo Leleque, i Mapuche sono rappresentati come un popolo estinto, museificandone la cultura e presentandola tramite narrazioni dai toni quasi mitologici. Al contrario, i Mapuche sono da anni attivamente impegnati in lotte e rivendicazioni per difendere i loro diritti e la loro cultura. L’opera SILVER RIGHTS si configura in una installazione complessa
composta da diversi elementi. Il fulcro è composto da una serie di gioielli in argento prodotti da Mauro Millán, argentiere, capo spirituale e attivista Mapuche della comunità Pillán Mahuiza, con cui Mazzi è stata in dialogo per oltre dieci anni. La lavorazione dell’argento ha una tradizione antichissima nei territori Mapuche e in generale in buona parte del Sud America. La sua storia è strettamente connessa a quella della conquista spagnola, allo sfruttamento di questo metallo per la produzione di monete, all’appropriazione di manufatti oggi
conservati nei musei occidentali e alla folclorizzazione dei prodotti d’artigianato.
I gioielli sono stati disegnati da Mazzi a seguito di una serie di ricerche e di laboratori condotti in Patagonia insieme allo stesso Millán e in collaborazione con membri delle comunità locali, che hanno portato all’ideazione di nuove simbologie frutto di un’ibridazione di quelle tradizionali con una iconografia legata alle lotte in corso in questi territori. In SILVER RIGHTS, i gioielli sono
presentati all’interno di una complessa installazione realizzata in collaborazione con l’artista argentino Eduardo Molinari. Per accedere a questi manufatti è infatti necessario attraversare un percorso fatto di immagini su carta e su tessuto, costellazione di riferimenti e chiavi di accesso, indispensabili per la lettura dell’intera opera. Il dispositivo di allestimento, concepito in collaborazione con il designer Alessandro Mason dello Studio Gisto, è composto da una struttura aerea in metallo dai colori giallo, rosso e blu, presenti sulla bandiera Mapuche.
La struttura mantiene sospesi tutti gli elementi di SILVER RIGHTS, compresi i gioielli, conferendo leggerezza e mobilità all’intera installazione. L’opera include inoltre una componente sonora, la registrazione di quattro storie brevi composte da Mazzi in collaborazione con Molinari e con la scrittrice e drammaturga Enrica
Camporesi, in cui, con approccio speculativo, confluiscono fatti storici,
tradizione orale e dimensioni oniriche. In queste narrazioni si intrecciano le voci di personaggi reali, come il generale Julio Argentino Roca o lo stesso Carlo Benetton, con quelle provenienti dalla cosmologia Mapuche, quali la Montagna, il Drago o il Puma: “Queste ombre non sentono gli spiriti Nehuén! Non vedono
oltre, non guardano lontano. Capiscono solo le cose che toccano. Così facendo ci rubano la terra e, con la terra, le nostre storie”.
The upcoming Polar Silk Road (La nuova Via Polare della Seta), 2021, fa parte di un gruppo di lavori in cui Mazzi indaga la nuova rotta commerciale nota come Via Polare della Seta, asse che intende connettere Europa, Russia e Cina. Questa rotta prevede l’attraversamento dell’Oceano Artico, anche tramite l’utilizzo di
navi rompighiaccio, traversata resa possibile dal riscaldamento globale e dal conseguente scioglimento dei ghiacciai in corso. Questa rotta del nord accorcerebbe notevolmente il tragitto delle merci dalla Cina rispetto a quello delle rotte marittime tradizionali, combinando inoltre interessi estrattivi in quanto il sottosuolo dei mari artici è ricchissimo di risorse, tra cui petrolio, gas, uranio, oro, platino e zinco. Intrecciando ecologia, economia e geopolitica, la ricerca di Mazzi si focalizza in particolare sull’Islanda, territorio che l’artista indaga dal 2018. The upcoming Polar Silk Road documenta alcuni siti al centro del programma per la realizzazione della rotta del nord, tra cui il progetto dell’imponente nuovo porto di Finnafjörður, nel nord-est dell’Islanda, la cui realizzazione avrebbe un impatto enorme sul territorio e sulla popolazione che abita quei luoghi, e il centro di ricerca China Iceland Arctic Observatory, inaugurato nel 2018 e finanziato dalla Repubblica Popolare Cinese. Le immagini sono accompagnate da una voce narrante che presenta questi luoghi come in un video promozionale turistico, inframezzate da testimonianze di politici locali, ricercatori, pescatori e allevatori che l’artista ha intervistato nel corso della sua ricerca. Lo scollamento tra finzione e realtà e il contrasto tra immagine e narrazione creano un effetto disturbante in chi guarda, aprendo il lavoro a
ulteriori livelli di lettura. [FL]