Frank O. Gehry

L’architettura di Frank O. Gehry è un linguaggio originale che contempla all’interno del proprio vocabolario il movimento, la trasformazione e il caos. Il dinamismo che caratterizza i suoi progetti è stato paragonato alla situazione della città di Los Angeles, la cui natura sismica innesta continuamente nel tessuto urbano la possibilità di mutamenti radicali. Come il terremoto, per Gehry l’architettura «scorre e si propaga per onde e perturbazioni, colpisce in ogni latitudine, produce frantumazioni nella profondità degli edifici e degli ambienti, induce deformazioni e spostamenti». Noto al pubblico dell’arte soprattutto per l’edificio del museo Guggenheim di Bilbao, Gehry è sempre stato stimolato dal linguaggio degli artisti contemporanei. In particolare, l’architetto ha dichiarato la propria affinità di metodo con alcuni artisti, tra cui Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, Donald Judd, e Richard Serra. La sua predisposizione alla transitorietà, tradizionalmente antitetica al linguaggio architettonico, è frutto della sua familiarità con l’arte della performance di cui Oldenburg è riconosciuto protagonista. Dal 1984 Gehry ha collaborato con Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen su un progetto pensato per combinare architettura e teatro, poi culminato nella performance Il Corso del Coltello / The Course of the Knife, svoltasi a Venezia nel 1985.
Temple Shack (Tempio capanna), 1985, è stato realizzato per l’occasione su progetto di Gehry che nella performance indossa le vesti di Frankie P. Toronto (P. come Palladio), burlesco alter ego i cui monologhi rispecchiano però i suoi pensieri sull’architettura. Coperto di graffiti e composto con gli elementi base dell’architettura greca, il tempietto è formato da parti indipendenti, prive di connessioni stabili. Nel corso della performance, Gehry emerge dalla struttura, causandone al tempo stesso la caduta. Tale distruzione, operata con un coltello che è l’elemento di cesura e insieme di unione dell’intera performance, simbolizza la capacità dell’architetto di liberarsi dall’iconografia tradizionale, riducendone a zero le componenti linguistiche. L’apparente semplicità del gesto performativo rispecchia la dimestichezza di Gehry con il concetto di disordine e l’antitesi tra la sua ricerca e il gusto postmoderno, caratterizzato dall’utilizzo di elementi architettonici appartenenti a epoche diverse. Anche il costume indossato da Gehry in occasione della performance recava riferimenti giocosi al linguaggio postmoderno, mentre il copricapo a forma di pesce presentava un importante elemento iconografico ricorrente nella sua architettura.
Il pesce è per Gehry simbolo di perfezione, ideale astratto ma anche esperienza personale legata all’infanzia. In termini simbolici esso rappresenta un archetipo psicologico che risale all’abitudine di sua nonna di acquistare un pesce e tenerlo nella vasca da bagno fino al momento di cucinarlo per preparare il gefilte fish, il piatto di pesce ripieno tipico della cucina ebraica tradizionale. Gehry ha anche spiegato il suo interesse nei confronti della forma del pesce in aperto contrasto con il postmodernismo e come critica all’antropocentrismo dell’architettura classica. Il pesce è inizialmente presente in una serie di lampade disegnate dall’architetto. Dal 1981 esso appare nell’architettura di Gehry, sia come elemento scultoreo che funzionale. The GFT Fish (Il pesce GFT), 1985-1986, è un progetto per un’abitazione in forma di pesce, edificio-oggetto che contiene in sé l’ipotesi di edifici ancora da progettare. Il progetto è stato commissionato per una presenza espositiva del gruppo tessile torinese GFT.

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