Marijke van Warmerdam

Selezionando dall’indeterminato fluire dell’esistenza piccoli eventi, o situazioni di sapore lievemente surreale, l’arte di Marijke van Warmerdam ne mette in luce la poetica monumentalità. Nelle sue opere la continua oscillazione tra elementi di valenza opposta carica di molteplici significati i microcosmi descritti. Invitando gli spettatori a sperimentare il tempo come esperienza sospesa, l’artista sviluppa i suoi film come proiezioni a ciclo continuo, proiettando in ambienti all’interno dei quali la luce naturale può fluire liberamente. Evitando costrizioni tecniche, oltre alla pellicola a 35 o a 16 mm, l’artista impiega indifferentemente fotografia e scultura.
In Roeren in de verte (Agitazione in lontananza), 2004, la proiezione è incentrata su un interno, caratterizzato soltanto da una tazza da té posata su un tavolo. Una finestra separa e ripara l’interno domestico dalla neve che cade all’esterno. Il quadro di pace è gradatamente modificato dall’improvviso infittirsi della nevicata. Quasi si trattasse dell’anticipazione di un ulteriore evento, la variazione meteorologica è seguita dall’azione di una mano femminile che entra nel campo della macchina da presa. Preso un cucchiaino, la mano lo usa per mescolare la bevanda. . Poi la posata viene riposta nuovamente sul piattino. La concatenazione dei due eventi raggiunge il suo culmine quando, placatosi il moto vorticoso impresso al tè, la neve riprendere a cadere con ritmo regolare.
Nel caso di Dream machine (Macchina dei sogni), 2006, il gesto umano è invece invisibile, ma i suoi effetti sono al centro dell’opera. Il film inizia con l’immagine di un bicchiere d’acqua, all’interno del quale viene versato del latte. La diversa consistenza dei due fluidi crea una danza di linee che tracciano le infinite possibilità di un disegno libero di espandersi in molteplici direzioni. Progressivamente, il liquido bianco satura l’acqua e il monocromo così ottenuto occupa l’intero schermo di proiezione. Un successivo movimento della cinepresa, rivela una mutazione nello sfondo contro il quale si staglia il bicchiere: se all’inizio del film appare grigiastro e indistinto, nel momento in cui il latte si è amalgamato con l’acqua esso diventa colorato.
Un’ambientazione esterna caratterizza invece Wake up! (Sveglia!), 2006. La cinepresa è fissa su un assolato paesaggio di campagna, caratterizzato da un campo fiorito che si estende verso i declivi di alcune colline. L’idillio è rotto dall’incongrua presenza di un getto d’acqua, come una secchiata lanciata da qualcuno fuori campo. Alludendo a un improvviso risveglio, che sembra però precipitare nuovamente in una sonnolenza idilliaca, il gesto non sembra produrre alcuna conseguenza e l’acqua viene immediatamente assorbita dal terreno e dalle piante.

[MB]