Nan Goldin
Fino dall’età di diciotto anni Nan Goldin usa la fotografia come diario visivo della propria vita e di quella dell’estesa famiglia di amici e amanti con i quali ha diviso le proprie esperienze. Alludendo alla totale continuità che lega la sua arte al suo intenso vivere, l’artista dichiara di considerare la macchina fotografica “come un’estensione del braccio”. A Boston, all’inizio degli anni Settanta, le sue fotografie nascono dalla fascinazione nei confronti delle drag queens, i travestiti con i quali abita in quel periodo. Il successivo passaggio al colore sottolinea ulteriormente l’aderenza al proprio vissuto. Le immagini degli anni trascorsi a New York sono realizzate nelle ore notturne e ambientate in interni. Gli eccessi dell’alcool, della droga, dell’amore e del sesso, si alternano a scene di profonda amicizia e di disarmante quotidianità. Le modalità con le quali le fotografie Goldin sono esposte al pubblico includono gli slide shows, opere in forma di proiezioni di diapositive, la cui selezione e sequenza sono spesso aggiornate dall’artista. Per queste opere, Goldin sceglie anche la colonna sonora, composta da brani degli anni cinquanta e sessanta.
“Pensavo che non avrei perduto nessuno, se solo lo avessi fotografato abbastanza”, ha detto l’artista a proposito della stretta relazione tra la propria pratica fotografica e il desiderio di impiegarla quale mezzo per conservare la memoria delle persone amate. La violenta irruzione dell’AIDS, che ha sconfitto molti degli anti-eroi protagonisti delle sue immagini, ha acuito il senso di perdita che caratterizza l’intera opera di Goldin. Gilles and Gotscho Embracing, Paris (Gilles e Gotscho abbracciati, Parigi), 1992, e Gilles Arm, Paris (Il braccio di Gilles, Parigi), 1993, appartengono a un gruppo di fotografie relative agli ultimi mesi di vita di Gilles Dusein, al tempo gallerista di Goldin a Parigi. Nella prima immagine l’uomo è unito al suo compagno in una posa che sembra stringere le due teste e i busti in un nodo indissolubile, formalmente non dissimile dal simbolo dell’infinito. In Gilles Arm, scattata in un momento successivo, l’empatia di Goldin la porta a fotografare il braccio del malato come quello di un martire, il cui corpo è ormai composto da parti simili a reliquie.
Negli anni Novanta, scoprendo attraverso i bambini un rinnovato amore per la vita, oltre a ritrarre i figli dei propri amici, Goldin lavora anche in esterni e scatta immagini di paesaggi. Appartengono a quest’ultima tipologia le altre fotografie in collezione. Scattate a Napoli, città di origine di amici dell’artista, queste immagini sono caratterizzate da una dominante di sfumature blu, il colore del Mediterraneo ma anche il termine che in inglese indica la malinconia. Oltre a ritrarre nuovi amici, come nel caso di Pavel Topless, Naples (Pavel a torso nudo, Napoli), 1996, l’artista si muove alla ricerca delle tracce dei compagni ormai perduti. In Junkie Madonna, Forcella (Madonna dei drogati, Forcella), 1996, fotografa la piazzetta alle spalle della stazione, luogo tradizionale di spaccio. Nella fotografia, la piazzetta assume l’apparenza di un luogo tranquillo, illuminato dall’azzurra presenza di una statua della Madonna. Nella foto Statue with Flowing Breasts, Amalfi (Statua con seni turgidi, Amalfi), 1996, Goldin sottolinea invece la pienezza erotica di una caratteristica fontana situata vicino al Duomo di Amalfi.
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