Eva Frapiccini
Eva Frapiccini si interroga spesso sulla memoria e sulla relazione che lega luoghi, fatti e persone. Come spiega la stessa artista, l’opera Muri di piombo, nasce in relazione alla sua personale esigenza di approfondire la conoscenza degli “anni di piombo”, quella drammatica stagione della seconda metà degli anni Settanta che, in Italia, fu caratterizzata dalle azioni criminali delle bande armate terroriste. Iniziato a Torino, città che l’artista ha eletto quale sua attuale residenza, e luogo nel quale il terrorismo ha infierito con particolare ferocia, il progetto ha successivamente incluso anche altri luoghi e città che hanno sofferto laceranti ferite, come Milano, Roma, Genova. Adottando un metodo parzialmente documentario e dichiaratamente soggettivo, le cinquanta fotografie che compongono l’opera sono state scattate dall’artista recandosi nei luoghi dei delitti, nello stesso mese nel quale erano accaduti, assumendo in alcuni casi il punto di vista della vittima, oppure quello dell’assassino, o ancora quello dei testimoni. Gli altri testi che sono parte del progetto sono invece stralci degli articoli pubblicati al tempo da quotidiani come “La Stampa”, “Il Corriere della Sera” o “La Repubblica” utilizzati dall’artista anche nella fase preparatoria del progetto. La giustapposizione dell’immagine scattata a circa trent’anni di distanza con le parole scritte in quegli stessi giorni crea così nell’opera la compresenza di due differenti registri temporali che si aggiungono al presente dell’eventuale memoria personale di chi incontra l’opera.
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