Giulio Paolini “Le Chef-d’oeuvre inconnu”

Mostra a cura di Marcella Beccaria
15 ottobre 2020 16 maggio 2021
Secondo piano Castello, Sale 18, 33, 32

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea organizza Giulio Paolini “Le Chef-d’oeuvre inconnu”. Curata da Marcella Beccaria e sviluppata a stretto contatto con l’artista, la mostra personale dedicata a Giulio Paolini (Genova, 1940) in occasione del suo ottantesimo compleanno, prende le mosse da Disegno geometrico, 1960, tra le opere più iconiche e importanti della storia dell’arte contemporanea, definito dall’artista come il suo “primo (e ultimo quadro)”. Presentando un percorso inedito che rilegge oltre sessant’anni di produzione artistica, la mostra include rare opere custodite dall’artista e nuovi lavori appositamente realizzati per il Castello.

Le opere di Paolini sono come specchi attraverso i quali l’arte riflette su se stessa. “Fin dalle opere realizzate alla metà degli anni Sessanta – scrive Marcella Beccaria – l’artista rivolge la propria attenzione alle basi ideali e materiali del fare artistico, al luogo dell’atelier e all’occasione della mostra, quali condizioni attraverso le quali l’arte si realizza e si mette in scena. Nel lavoro di Paolini spesso ricorrono citazioni: l’artista utilizza frammenti estratti dal grande catalogo della storia dell’arte, così come riposiziona in nuovi contesti le proprie opere. Nella sua analisi l’atto del vedere è considerato come il momento conoscitivo la cui verità è però costantemente rimessa in questione e ogni nuovo allestimento può fornire lo spunto per opere successive, in un ciclo inesauribile.

Il titolo della mostra “Le Chef-d’oeuvre inconnu”, dal celebre racconto di Honoré de Balzac, è anche il titolo della grande installazione che accoglie i visitatori nella prima sala (Sala 18, secondo piano Castello). A partire dal tracciato di Disegno geometrico, 1960, l’intero ambiente espositivo diventa una versione tridimensionale, amplificata e percorribile della stessa opera e delle infinite possibilità a cui essa rimanda. Il pavimento, le pareti e lo spazio aereo ospitano gli elementi che costituiscono lo schema compositivo di Disegno geometrico, le sue diagonali rosse e i nove punti di squadratura del foglio segnati con il compasso. Nella sala, ciascuno dei nove punti è scandito da un cavalletto e da una teca trasparente, accogliendo frammenti e ritagli di libri solitamente conservati nello studio dell’artista. Il numero nove corrisponde anche al numero delle lettere che compongono il nome di Mnemosine, la madre delle nove Muse. Oltre allo stesso Disegno geometrico, le quattro pareti della sala presentano altrettante possibili varianti dell’opera, ingrandite in proporzione allo spazio espositivo.

Dopo l’incontro con una sola opera, pur aperta alle infinite possibilità dell’essere, nella sala successiva (Sala 33), Paolini propone un mosaico di opere prodotte dagli anni novanta al presente, raccolte intorno al titolo “Vertigo” e accomunate dal concetto di “accadimento”. Si tratta di opere che evocano cieli e luoghi sia pittorici sia ideali, la cui successione definisce uno spazio e un tempo densi di visioni. Oltre alla stessa installazione Vertigo, 2020, la sala accoglie la nuova opera Omega (1948- 2018), 2020, rara occasione in cui l’artista include dettagli riferibili alla propria storia biografica.

La terza e ultima sala del percorso di mostra (Sala 32) è intitolata “Fine” senza fine. Qui Paolini presenta lavori che sembrano attratti da un inevitabile destino, capaci però di mantenere la tensione verso l’idea di un divenire continuo che, secondo l’artista, è propria dell’intera storia dell’arte. Tra le nuove opere, Il modello in persona, 2020, apre un ponte ideale tra il luogo espositivo, pubblico, e lo spazio, invece privato, dello studio dell’artista. Pur in modi diversi, per Paolini tanto il luogo espositivo quanto lo studio sono ambiti creativi che, come palcoscenici di un grande teatro, vivono nel momento in cui sono animati da situazioni in divenire.

Come scrive Giulio Paolini: “Un giorno dopo l’altro, tutto si rinnova e si ripete come effetto naturale dell’incessante divenire delle cose. Nel Museo, al contrario, possiamo sottrarci all’inquietante destino dettato dall’incedere del Tempo. Il luogo sembra conoscere una sua particolare eternità: qui le ore, le opere, le persone appartengono a un istante che vive e si rinnova nell’illusione di sempre: fermare in una certa immagine la fine del Tempo. ‘Tutto scorre’, come sappiamo, ma nulla vieta di estendere lo sguardo altrove, senza luogo e senza data”.

In occasione della mostra, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea pubblica un catalogo in due volumi. Un volume è dedicato agli scritti in versi di Giulio Paolini introdotti da un saggio di Andrea Cortellessa. L’altro volume include ulteriori testi di Paolini, suoi disegni e progetti inediti, un carteggio tra Carolyn Christov-Bakargiev e l’artista, e un saggio della curatrice Marcella Beccaria. Il catalogo sarà riccamente illustrato con immagini della mostra, e pubblicato dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea in edizione bilingue.

La mostra è realizzata con il contributo della Regione Piemonte

La mostra è realizzata con il sostegno degli Amici Benefattori del Museo Andrea Ruben Levi, Nicoletta Fiorucci e Giuliana Setari

Si ringrazia la Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

 

Biografia

Giulio Paolini è nato il 5 novembre 1940 a Genova e risiede a Torino. La sua poetica verte su tematiche che interrogano la concezione, il manifestarsi e la visione dell’opera d’arte. Dalle prime indagini intorno agli elementi costitutivi del quadro l’attenzione si è orientata in seguito sull’atto espositivo, sulla considerazione dell’opera come catalogo delle sue stesse possibilità, così come sulla figura dell’autore e il suo mancato contatto con l’opera, che gli preesiste e lo trascende.
Dalla sua prima partecipazione a un’esposizione collettiva (1961) e dalla sua prima personale (1964) ha tenuto innumerevoli mostre in gallerie e musei di tutto il mondo. Tra le maggiori antologiche si ricordano quelle al Palazzo della Pilotta a Parma (1976), allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1980), al Nouveau Musée di Villeurbanne (1984), alla Staatsgalerie di Stoccarda (1986), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1988), alla Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum di Graz (1998), alla GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino (1999), alla Fondazione Prada a Milano (2003), al Kunstmuseum di Winterthur (2005), al MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma (2013) e alla Whitechapel Gallery a Londra (2014). Tra le personali più recenti si distinguono quelle al Center for Italian Modern Art a New York (in dialogo con opere di Giorgio de Chirico, 2016) e alla Fondazione Carriero a Milano (2018).
Ha partecipato a diverse mostre di Arte povera ed è stato invitato più volte alla Documenta di Kassel (1972, 1977, 1982, 1992) e alla Biennale di Venezia (1970, 1976, 1978, 1980, 1984, 1986, 1993, 1995, 1997, 2013).
Dal 1969 ha realizzato anche scene e costumi per rappresentazioni teatrali, tra cui si distinguono i progetti ideati con Carlo Quartucci negli anni Ottanta e le scenografie per due opere di Richard Wagner al Teatro di San Carlo di Napoli per la regia di Federico Tiezzi (2005, 2007).
Grafico di formazione, ha sempre nutrito un particolare interesse per il campo editoriale e la pagina scritta. Fin dall’inizio ha accompagnato la sua ricerca artistica con riflessioni raccolte in libri curati in prima persona: da Idem, pubblicato nel 1975 da Einaudi con un’introduzione di Italo Calvino, ai recenti Quattro passi. Nel museo senza muse (Einaudi, Torino 2006), Dall’Atlante al Vuoto in ordine alfabetico (Electa, Milano 2010) e L’autore che credeva di esistere (Johan & Levi, Milano 2012).
Numerose sono le pubblicazioni dedicate alla sua produzione artistica: dalla prima monografia di Germano Celant (Sonnabend Press, New York 1972) al volume di Francesco Poli (Lindau, Torino 1990), fino al catalogo ragionato delle opere datate dal 1960 al 1999, curato da Maddalena Disch (Skira Editore, Milano 2008).

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Giulio Paolini “Le Chef-d’oeuvre inconnu”