Leonardo Caffo. Il pubblico è un concetto neutrale? Che ne è del pubblico di genere?

Primo Episodio
della stagione I

Secondo Episodio
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Terzo Episodio
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Quarto Episodio
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Quinto Episodio
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Sesto Episodio
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Settimo Episodio
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Ottavo Episodio
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Nono Episodio
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Quarto Episodio

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Trascrizione del quarto episodio de La scomparsa del pubblico, nuova serie di podcast in cui Leonardo Caffo, attualmente Filosofo in Residenza presso il Castello di Rivoli, ragiona sull’idea di pubblico, sulla sua scomparsa, sulle sue diverse caratterizzazioni e qualità.

Manuela Vasco: Salve a tutti. Benvenuti al nostro appuntamento settimanale con Leonardo Caffo, attualmente filosofo in residenza nel nostro Museo, con il quale stiamo ragionando sull’idea di pubblico, sulla sua scomparsa, sulle sue diverse caratterizzazioni e qualità. Sono Manuela Vasco dell’Ufficio Comunicazione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – Collezione Cerruti e vi condurrò in questa nuova serie di podcast del Museo. Oggi a Leonardo Caffo, a cui diamo il benvenuto, vorremmo chiedere: Il pubblico è un concetto neutrale? Che ne è del pubblico di genere?

Leonardo Caffo: Partiamo subito dalla risposta: no, il pubblico non è un concetto neutrale. Il pubblico è pieno zeppo di bias pregiudiziali che, in qualche modo, sono essi stessi non neutrali e non generici. Riepiloghiamo un po’: nel primo podcast abbiamo cercato di definire il “pubblico” come qualcosa che era scomparso già da prima della sua scomparsa effettiva dovuta al COVID-19. Con la puntata sul pubblico digitale abbiamo chiarito che il “pubblico” è qualcosa che crea la scena mentre la osserva. Quindi non è mai un pubblico passivo. Con il “pubblico animale” abbiamo parlato dell’alterità mostruosa che, in qualche modo, è l’unico vero pubblico, data la definizione di “pubblico forte”. Nella quarta puntata dedicata al “pubblico di genere”, andiamo a capire come il mostruoso, come il diverso, come l’alterità incontrollabile, non sia soltanto qualcosa all’interno della sfera del non umano – cioè l’animale, il vegetale, il minerale, la divinità o la morte, come abbiamo provato a dire nella terza puntata di questa ricerca di filosofia in residenza – ma in qualche modo anche dentro l’umano. Anche dentro la definizione di umanità ci sono una quantità di mostruose alterità che non abbiamo considerato, che abbiamo inteso neutrali, perché c’era il pregiudizio della perfezione logo-centrica, fallo-centrica, bianco-centrica, maschio-centrica che in qualche modo ha governato la storia della filosofia, la storia dell’arte. Sin da principio, e per millenni, abbiamo avuto soltanto il punto di vista maschile nella produzione del pensiero europeo: dai presocratici, Platone, Aristotele, passando per la filosofia medievale e quella moderna, abbiamo assistito a un grande alternarsi di maschi bianchi, talvolta non eterosessuali. Ma comunque è il maschio in qualche modo che ha dato il punto di vista e che, dunque, ha preteso il punto di vista del pubblico come un punto di vista analogo al proprio o alla definizione di “amore” che dà Platone all’interno del Simposio. Nonostante sia stata interpretata come una definizione di amore universale, della ricerca della propria metà, eccetera, si tratta di una definizione in cui l’amore “perfetto” è sempre e comunque l’amore dalla prospettiva del maschio. Così anche la definizione di corpo, di vita umana, e la definizione dei prototipi. Pensiamo a Leonardo da Vinci e all’Uomo di Vitruvio. Non è un umano neutrale bensì un uomo bianco, maschio, perfetto nella sua definizione corporale. Quindi anche i vari moduli che hanno guidato l’architettura, la costruzione dello spazio, l’idea della vita sono tutto tranne che neutrali. Per millenni il pubblico è stato connesso all’attorialità. Lo abbiamo detto l’altra volta trattando del “pubblico animale” con la definizione di Antonin Artaud e con l’idea di pubblico che esiste soltanto nel momento dell’esperienza estetica genuina. Di fatto un pubblico i cui i bias sono enormi. L’arte contemporanea, così come la filosofia contemporanea, ha aggiunto complessità. Le ricerche filosofiche più interessanti – e non lo dico per mero genderwashing – lo fanno le filosofe come Donna Haraway, Rosi Braidotti, Karen Barad. Sono tutte autrici che abbiamo già citato in precedenza. Anche l’arte contemporanea, con le sue curatrici e artiste, sta contribuendo a una decostruzione dei millenni precedenti che ci hanno dato il cosiddetto carno-logo-fallocentrismo, cioè l’idea della centralità del pene, del maschile, della razionalità presuntamente maschile, della dimensione della carne, del predatore contro le prede. C’è un pandemonio dietro alla domanda che mi hai posto stavolta Manuela. Oggi ci sono artiste fondamentali che stanno cercando di decostruire tutto ciò. Penso per esempio a Juliana Huxtable – mi scuso come sempre se le mie pronunce non sono perfette – che è un’artista che costruisce il cisgenerismo. Siamo nella dimensione del from m to f,  siamo nella dimensione dell’etnia differente. Stiamo parlando di un’artista totale perché fa anche la dj, l’organizzatrice culturale, la fotografa, la performer. E questo è un punto essenziale: siamo nella dimensione in cui il genere è diventato soprattutto un qualcosa di performativo. Nella filosofia, il “performare il genere” è una nozione introdotta da Judith Butler, una delle più importanti filosofe viventi. Nel solco dell’eredità di Hegel, Butler lo decostruisce. Hegel è stato uno dei grandi filosofi che ci ha dato tutto e anche il contrario di tutto. Dagli strumenti dell’hegelismo prendono forma anche gli strumenti dell’antihegelismo. Questo è stato, per esempio, anche il grande contributo di Carla Lonzi. Quest’ultima nel 1970 scrive il suo saggio fondamentale dal titolo Sputiamo su Hegel, risultato del lavoro all’interno del collettivo femminista Rivolta Femminile. Un libro che segna la presa di coscienza di tutto un campo del femminismo – anche nell’arte – e della condizione della donna nel mondo. Non sono punti fermi gli scritti che Lonzi raccoglie in Sputiamo su Hegel – ad esempio l’idea della filosofia dell’arte che vuole contestare e prendere le distanze da una società dominata dal modello maschile. Quando parliamo del pubblico come concetto non neutrale abbiamo un’infinità di livelli da capire. C’è un’arte, c’è una filosofia, che cercano di far emergere la violenza dell’uomo sulla donna. Questa è una delle cose che mi ha suggerito la Direttrice del Museo nel confronto reciproco che abbiamo tutte le volte che avanzo con la mia ricerca e con questo podcast. Penso all’artista italiana Marzia Migliora che, con un’opera molto bella e delicata che si trova in questo momento all’interno della mostra Espressioni al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Con l’opera Telefono Rosa – un telefono che possiamo avvicinare al nostro orecchio e dal quale sentire delle denunce di violenza subite nella dimensione domestica – possiamo diventare pubblico della costante violenza domestica del maschio contro la donna ma anche in qualche modo entrare all’interno di questa dimensione e sentirci chiamati in causa. Stiamo ascoltando, abbiamo voglia di rispondere e dire la nostra, di partecipare, di bloccare questa violenza. Questo pubblico che crea l’opera. L’opera di Marzia Migliora ci catapulta all’interno dell’idea che alcuni punti di vista non hanno neanche la possibilità di ribellarsi all’attorialità che subiscono costantemente. Questo è uno dei grandi casi delle violenze di genere. Dire “pubblico di genere” significa riferirsi a una complessità. L’idea dei punti di vista è la grande essenza concettuale dell’idea di pubblico. Il pubblico è sempre un punto di vista. È il punto di vista che offre l’attore ma è anche il punto di vista in cui si posiziona il pubblico: una cosa è stare in prima fila, un’altra nell’ultimo. Una cosa di lato, un’altra negli spalti. È sempre un’idea di osservazione del paesaggio. Il paesaggio è un incontro meraviglioso tra l’occhio che guarda e la porzione di mondo che è guardata. Esso esiste soltanto come fenomeno estetico. Il paesaggio esiste soltanto nella dimensione dell’attivazione del processo percettivo, perché è attivato da questa complessa relazione: i punti di vista delle donne; i punti di vista delle persone black; di etnie diverse; i punti di vista dei transgender e delle transgender; i punti di vista di travestiti e delle travestite. I punti di vista degli orientamenti sessuali diversi sono stati davvero – e non con retorica – trascurati. Anche le scene di produzione per il pubblico sono sempre state intese come dei grandi monoliti neutrali. Questo è un tema essenziale del pubblico di genere: il porno.

Ok ,una delle grandi fenomenologia della contemporaneità sappiamo che uno dei siti più cliccati in assoluto non è il sito del Washington Post , ma siti  come Porn Hub, come YouPorn eccetera eccetera che hanno nella loro normale algoritmicità i video porno pensati tutti dal punto di vista del piacere maschile eterosessuale ,di dominazione della donna, del  sesso orale è pensato in un determinato modo pensiamo alla rivoluzione che sta facendo per esempio una regista come Erika Lust o Last ,ora non so perché è svedese , che ha cercato di costruire un’industria della cinematografia pornografica tutta dal punto di vista del piacere femminile. Se guardate questi video, se guardate le immagini ,se guardate la direzione della fotografia che c’è dietro questa filmografia di questa regista, vedrete una decostruzione totale di quello che è il concetto di piacere, il concetto di piacere così come lo abbiamo pensato appunto per millenni che è costruito con la penetrazione a proposito del logocentrismo di cui parlavano filosofi come Jacques Derrida o anche che sono state l’architrave della psicanalisi con Sigmund Freud. Questa idea appunto del fallo come protagonista indiscusso anche della dimensione inconscia, subconscia  e preconscia della vita umana. E a proposito dell’aperformativo di genere c’è di per formare il genere la distinzione essenziale è che la filosofia della biologia ci ha dato negli ultimi 20 anni è quella tra il sesso di appartenenza e il genere di appartenenza. Se il sesso è una dimensione biologica cioè in qualche modo si nasce in una gabbia della natura con il pene o con la vagina ,con il seno oppure no. Il genere è invece un costrutto una dimensione culturale e l’appartenenza della nostra vita mentale spirituale e culturale al genere femminile, maschile al terzo genere,,al genere al queer, al Transgenderismo. E questa differenza tra biologia e cultura è anche una grande idea della vittoria del punto di vista sulla gabbia della realtà, sull’idea che la natura sia qualcosa non di semplicemente neutrale che può può essere modificata bucata, ma è un’idea della vittoria del contro natura, il contro natura è qualcosa che non può più essere considerato un punto di vista reale all’interno delle filosofie delle Arti Contemporanee, l’essere umano è sempre contro natura e il genere è qualcosa che si sceglie o che in qualche modo ci appartiene e verso cui noi dobbiamo tendere andare come dice Rosi Braidotti noi siamo identità nomadi liquide. Questo è il grande ripescaggio femminista che per esempio Rosi Braidotti ella filosofia di Gilles Deleuze, legge sul divenire umano,sul divenire indiano ,sul divenire animale sul divenire genere, questa idea e noi non siamo entità statiche non siamo entità fisse materiali ,ma siamo entità in continuo movimento e che dunque il genere è un punto di approdo che va performato. Non si tratta infatti soltanto di produrre arte  che faccia vedere il punto di vista femminile come Marzia Migliora ma è anche di per formare la diversità ai limiti del possibile. Penso a un artista a cui sono estremamente legato e affezionato che è passata dal Castello di Rivoli con la curatela di Carloyn Christov-Bakargiev  e di Marianna Vecellio , Anna Boghiguian che è un artista che tra le infinite cose che ha fatto sul  disegno e sulla ricerca visiva, si è anche occupata lei è laureata in filosofia, si è anche occupata della filosofia di Friedrich Nietzsche e come ha mostrato bene al Castello di Rivoli definendo Nietzsche nel momento della presunta pazzia quando abbraccia il cavallo in realtà nel momento della massima lucidità cioè Nietzsche è in grado di commuoversi per la diversità assoluta e di prendere il punto di vista del cavallo. Quindi mi viene in mente come dire l’opera di Caravaggio per esempio prendendo il punto di vista del cavallo e abbracciando quel punto di vista letteralmente, in qualche modo sta capovolgendo tutta la filosofia che è sempre stata fatta dal punto di vista dell’uomo. Anna Boghiguian non  so se la conoscete, se sapete com’è fatta ,performa costantemente il suo genere d’appartenenza, la sua dimensione quasi di stregona, di diversa ,di  alternativa. Quasi per testare appunto il vero pubblico che può avere allora le questioni di genere, nella relazione di che cos’è il pubblico devono essere intese innanzitutto non come una questione strettamente connessa al femminismo perché il femminismo, innazitutto non esiste femminismo ,ma esistono i femminismi esistono diversi discorsi di genere. Il femminismo non è per le donne femminismo e per la vita umana in generale ha a che fare con l’idea che noi non stiamo dentro una categoria che appunto è l’umano e poi c’è  l’animale, il vegetale eccetera come nella teoria delle categorie di Aristotele, per esempio, ma noi siamo all’interno di una dimensione l’umano che è essa stessa una sinfonia polifonica di voci in cui i punti di vista sono molteplici e dunque anche i pubblici sono molteplici e comprendere che esistono altre forme di stare al mondo significa anche comprendere che esistono altre forme di vedere il mondo,di osservarlo e quindi esistono altri generi di pubblici. Cosa potrebbe significare a riscrivere tutta la storia della filosofia   dal punto di vista delle esclusa, .dal punto di vista di lei e di coloro che ne sono rimasti fuori. Questo lo fa benissimo per esempio un filosofo eccezionale della contemporaneità che tra l’altro in questo momento ha una posizione simile alla mia filosofo in residenza al Centre Pompidou a Parigi, penso a Paul Beatrix Presiado  che prima era soltanto Beatrix Presiado , era una donna che poi ha scelto di diventare uomo ha fatto un percorso di transgender che ha raccontato in un libro maestoso che si chiama Manifesto Junkie in cui parla di come ha agito sulla propria biologia per livellarla  con la propria cultura . E Presiado per esempio provando a riscrivere radicalmente la storia della filosofia non dal punto di vista della penetrazione del pene, ma dal punto di vista del piacere anale scrive, questo libro meraviglioso che si chiama “Terrore Anale” in cui prova a raccontare cosa sarebbe successo se i filosofi che si sono espressi sin da principio sul senso della vita, sul senso della morte, sul senso del bello., su  che cosa è la realtà eccetera eccetera, anziché orientarsi nel loro percorso di divulgazione della conoscenza attraverso la voglia di penetrare il mondo  fossero stati lì con l’idea di essere penetrati dal mondo. Ed è per questo che parla appunto del piacere anale e della conoscenza del mondo che ti entra dentro e non di tu che entri dentro al mondo ,cambia assolutamente la visione che noi abbiamo delle cose. Dunque la risposta che dò oggi rispetto alla domanda che mi viene fatta nell ‘avanzamento della mia ricerca come filosofo in residenza è che no appunto, ripetiamo il pubblico non solo non è un concetto neutrale non  dovremmo neanche parlare di pubblico al singolare, infatti dovremmo sempre parlare della scomparsa dei pubblici. Dovremmo sempre generalizzare la forma e complessificarla e che ne è del pubblico di genere, per millenni non ne  è stato nulla da qualche decina di anni con le grandi rivoluzioni nell’arte, le grandi rivoluzioni nella filosofia le grandi rivoluzioni nella moda con il genderless eccetera eccetera è riapparsa l’idea che non esiste la fruizione ordinaria della produzione estetica ma esistono le fruizioni straordinarie delle fruizioni e delle produzioni estetiche. E che finché non riusciremo a metterci nelle prospettive plurime che caratterizzano la vita umana non avremo neanche l’idea che cosa significa davvero essere guardati.,non per ciò che noi abbiamo imposto all’occhio ma per ciò che l’occhio ha imposto a noi. Ed è questa la grande discussione che in qualche modo dovremmo provare costantemente a fare, Presiado dice una cosa, una  cosa che io ritengo essenziale esiste nascosto più o meno da questi centinaia d’anni di cultura maschiocentrica e antropocentrica. un seme della rivoluzione che trasforma radicalmente tutte le categorie che abbiamo utilizzato per orientarci nel mondo : le categorie della scienza, le categorie della cultura, le categorie dell’eros, le categorie dell’arte le categorie della curatela, è che prendere questo sommerso e farlo emergere non significa togliere spazio al punto di vista unico che abbiamo avuto per millenni, ma renderlo uno dei tanti e molteplici punti di vista che possono descriverci. Che cosa è il reale  ed è questa la vera rivoluzione del pubblico di genere. Ti guarda ,ti modifica, ma ti chiede anche non di essere ciò che tu pensavi di essere per le categorie o gli stereotipi che ti sono stati imposti, ma ti svela ciò che tu sei al di là del bene e del male che ti è stato raccontato come l’unico in questa società in cui siamo stati gettati.

Manuela Vasco: Ringraziamo Leonardo Caffo, attualmente Filosofo in Residenza nel nostro Museo, con il quale stiamo ragionando  sull’idea di pubblico, sulla sua scomparsa, sulle sue diverse caratterizzazioni e qualità. Sono Manuela Vasco dell’ufficio comunicazione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – Collezione Cerruti e vi ringrazio per essere stati con noi ad ascoltare questo podcast, ricordandovi che i programmi del Castello di Rivoli sono realizzati primariamente con il contributo della Regione Piemonte. Ringraziamo inoltre la Fondazione CRT, la Città di Torino, la Città di Rivoli e i nostri partner Fondazione Compagnia di San Paolo e  Intesa Sanpaolo/Gallerie d’Italia. I programmi digitali sono realizzati anche grazie alla Fondazione Compagnia di San Paolo. Vi aspettiamo per la prossima puntata di questo avvincente podcast la settimana prossima con il filosofo Leonardo Caffo. Non vero l’ora!