Joan Jonas: Due opere
30 maggio 2006 - 30 luglio 2006
Concetto, Corpo e Sogno
a cura di Carolyn Christov-Bakargiev
La rassegna Concetto, Corpo e Sogno presenta cinque mostre che si inaugurano in successione durante la primavera e l’estate 2006, personali dedicate ad artisti dell’arte concettuale. Ogni mostra è caratterizzata dalla presenza di opere storiche e di progetti recenti o inediti ed è accompagnata da un colloquio con ognuno degli artisti. Grazie al sostegno della Fondazione CRT Progetto Arte Moderna e Contemporanea, molte delle opere presentate sono entrate a far parte della collezione permanente del museo.
A partire dalla metà degli anni Sessanta, le prime opere d’arte concettuale vengono realizzate con mezzi diversi che spaziano dal testo scritto a parete alla semplice dichiarazione, fino all’installazione effimera e perfino – in alcuni casi – ad un gesto.
Diversamente dall’opera degli artisti concettuali più interessati all’aspetto linguistico dell’arte, alcune forme di arte processuale (che si sviluppano temporalmente, come dei processi) appaiono alla fine degli anni Sessanta, in particolare nel campo della performance. Tra i primi e più innovativi artisti della performance, Joan Jonas (New York, 1936) inizia il suo percorso come scultore. Alla fine degli anni Sessanta, abbandona questa forma d’arte per trasformare l’opera in un luogo d’incontro tra spettatore, artista e spazio. Le sue performance propongono da allora una struttura non lineare di echi e rifrazioni che anticipano la celebrazione di punti di vista complessi e ‘rizomatici’ (reticolari) rispetto al razionalismo, tipico della cultura di oggi. Di conseguenza, l’opera di Jonas ha una grande influenza sui giovani artisti che in tutto il mondo sviluppano oggi queste poetiche. Nel 1968 Jonas iniziò ad usare superfici riflettenti per creare una coreografia di gesti e azioni che suggerivano miti e riti, e che ampliavano vertiginosamente lo spazio dell’opera d’arte. La sua prima performance, Oad Lau (1968), presentava un uomo e una donna che indossavano costumi sui quali erano stati fissati piccoli specchi. Camminavano controvento assieme ad altri performer, sballottati di qua e di là. L’uso dello specchio continuò in Opera con specchi I (1969) e Opera con specchi II (1971). Gli spettatori venivano riflessi negli specchi, divenendo parte della performance in uno spazio dilatato che si rifletteva e si moltiplicava, moltiplicando di conseguenza anche il senso della propria soggettività (sia dei performer che del pubblico). Questi eventi si svolgevano in gallerie d’arte come in spazi alternativi, dai loft privati di amici allo studio dell’artista, fino a spazi esterni quali le strade (Ritardo ritardo, 1972) o la spiaggia (Pezzo per Jones Beach, 1970).
Jonas è da sempre interessata ai modi in cui le diverse culture, anche quelle primitive, si esprimono e si è ispirata ad elementi disparati quali il teatro giapponese Noh, la danza del serpente degli indiani Hopi, le favole europee, e la mitologia greca. Le sue performance mescolano gesti ritualizzati con elementi scultorei di scenografia ‘transizionali’, attraverso i quali indaga la relazione tra realtà e il suo riflesso, il reale e l’immaginario. Nel 1972, Jonas sostituì nelle sue performance l’uso degli specchi con l’uso di videocamere. Così poté introdurre le riprese in diretta delle performance nell’ambito delle stesse performance come feedback in contemporanea ai gesti del performer. Jonas come performer interagì con la propria immagine proiettata, e questa invenzione, che avvenne nel periodo di diffusione delle nuove tecnologie video, introdusse un inedito linguaggio artistico, attraverso cui interrogare i confini tra sé e gli altri, tra soggetto e oggetto dello sguardo, tra intimità, memoria e percezione. Dal 1972 al 1976, creò Telepatia visiva di Organic Honey (1972) e Rotolo verticale di Organic Honey (1972), una serie di opere strutturate attorno ad un alter ego – una figura di bambola chiamata ‘Organic Honey’ (Miele Organico). Con maschere e altri elementi di scenografia, e tramite il feedback in diretta, Jonas rifletteva in queste opere sull’immagine femminile come identità frammentata, inserendo tematiche femministe e psicoanalitiche al centro della ricerca artistica. Già dalla metà degli anni Settanta, Jonas aveva presentato installazioni composte da elementi scenografici, disegni e video tratti dalle sue performance, che non necessitavano della sua presenza fisica come performer. Ancora oggi, alterna opere performative e installazioni.
Al Castello di Rivoli, nelle sale 37 e 38 del terzo piano, sono presentate due installazioni di video e materiali scultorei che, pur esistendo come opere autonome, documentano le performance Miraggio (1976) e La forma, il profumo, la sensazione delle cose (2004- 2006). Inoltre, in occasione della mostra, l’artista presenta una nuova versione della sua performance Onde incrociate (2003).
Carolyn Christov-Bakargiev