Concetto spaziale, Attese
Artista Lucio Fontana
1965
Anno di accessione 1995
Idropittura su tela, 73 x 60 cm
Firma, titolo e scritta autografa sul verso: «L. Fontana / Concetto spaziale. ATTESE / Clara à lasciato la motoretta in cortile».
Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte
Deposito a lungo termine Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Inv. CC.24.P.FON.1965.A109
Provenienza: Galleria Martano; Collezione Cappabianca, Torino (n. archivio 304/1); Sotheby’s, Londra, Contemporary Art. Part I, 28 giugno 1995 (lot. 35, pp. 74-75, ill., immagine ribaltata).
Esposizioni: Torino 1969d (n. 27); Rivoli-Torino 2017 (p. 308, datazione errata).
Bibliografia: Crispolti 1974, vol. II, pp. 164, ill. 165 (65 T 91); Crispolti 1986, vol. II, p. 576, ill. (65 T 91), immagine ribaltata; Crispolti 2006, vol. II, p. 763, ill. (65 T 91); La Collezione Cerruti 2019, p. 73, ill.
«Io con il taglio ho inventato una formula che non credo di poter perfezionare. Sono riuscito con questa formula a dare a chi guarda il quadro un’impressione di calma spaziale, di rigore cosmico, di serenità nell’infinito. Più in là non posso andare»
(Lucio Fontana)
Lucio Fontana è l’autore di una nuova forma d’arte basata sull’unione di tempo e spazio. Oltrepassando i tradizionali confini tra architettura, scultura e pittura, l’artista ha prodotto opere capaci di coinvolgere gli spettatori in inedite esperienze emotive e sensoriali, indicando fertili vie di ricerca. Affascinato dai progressi della tecnica e della scienza, a partire dalla teoria della relatività di Albert Einstein, Fontana si muove nel contesto di un’epoca segnata dalla corsa verso il cosmo che dalla fine degli anni cinquanta contrappone Stati Uniti e Unione Sovietica. Da spunti riconducibili alle invenzioni plastiche del Barocco e a quelle dinamiche del Futurismo, già nel 1946 a Buenos Aires è tra i promotori del Manifiesto Blanco che promuove un nuovo linguaggio basato su «Colore, l’elemento dello spazio, suono, l’elemento del tempo e il movimento che si svolge nel tempo e nello spazio»1. Nel 1947 ritorna a Milano, dove un fertile clima intellettuale favorisce la nascita del Primo Manifesto dello Spazialismo. Come affermato anche nei manifesti successivi (redatti nel 1948 e nel 1950) il Movimento Spaziale «si propone di raggiungere una forma d’arte con mezzi nuovi che la tecnica mette a disposizione degli artisti», e gli Artisti Spaziali «hanno a disposizione i mezzi nuovi, come la radio, la televisione, la luce nera, il radar e tutti quei mezzi che l’intelligenza umana potrà ancora scoprire»2.
Il 5 febbraio 1949 Fontana allestisce il suo primo ambiente, l’Ambiente spaziale a luce nera presso la Galleria del Naviglio a Milano. Distrutta dopo l’esposizione (come la maggior parte degli ambienti dell’artista), l’installazione è un ambiente buio, caratterizzato da forme plastiche astratte, lievemente organiche, collocate a soffitto. Dipinte con vernici fluorescenti, le forme sembrano emettere una luce propria grazie all’azione della «luce nera», o lampada di Wood, che Fontana utilizza in ambito artistico per la prima volta. La luce nera gli permette di trasformare l’oscurità in un luogo evocativo, offrendo ai visitatori l’emozione di un’indimenticabile «forma luminosa dello spazio», percepibile in totale libertà emotiva3.
Instancabile sperimentatore, nel corso della sua lunga attività Fontana sviluppa molteplici modalità operative, lavorando anche contemporaneamente a più cicli. Concetto spaziale, Attese, 1965, l’opera in collezione, è parte dei Tagli, ciclo che occupa una posizione di assoluto rilievo nel corpus di Fontana e che coincide con la sua piena maturità artistica. Dapprima accennati come fenditure su carta, i Tagli iniziano nel 1958 e vengono presentati pubblicamente in occasione di mostre personali nel 1959 (prima presso la Galleria del Naviglio a Milano nel febbraio e successivamente presso la Galleria Stadler a Parigi a marzo), per proseguire nel decennio successivo fino alla morte dell’artista nel 1968. Comprensivo di circa 1.500 opere, è anche il più ampio tra i cicli da lui realizzati. Se già i Buchi, realizzati dal 1949, propongono un radicale attraversamento della superficie del quadro verso una nuova dimensione, con i Tagli, accompagnati dall’avveniristica titolazione Attese, l’artista compie un ulteriore passo, che ritiene quasi definitivo. In una nota intervista, Fontana dice a Giorgio Bocca: «Io con il taglio ho inventato una formula che non credo di poter perfezionare. Sono riuscito con questa formula a dare a chi guarda il quadro un’impressione di calma spaziale, di rigore cosmico, di serenità nell’infinito. Più in là non posso andare»4.
Una nota serie di fotografie scattate da Ugo Mulas nel 1964 è tra i documenti che meglio restituiscono l’intesa elaborazione concettuale che precedeva l’esecuzione di ciascun taglio, azione che non ammetteva errori. Sempre prodotti con andamento verticale, procedendo dall’alto verso il basso con un affilato taglierino Stanley, i tagli sono singole fenditure che campeggiano al centro dell’opera oppure sequenze che moltiplicano ritmicamente l’attraversamento della superficie, incidendola più volte, come nel caso dell’opera in collezione.
Scandita da quattro tagli, l’opera è caratterizzata, da sinistra, da un primo taglio, seguito da una sequenza di tre ravvicinati, con quello centrale disposto con andamento leggermente diagonale. Pur di lunghezza analoga, le fenditure rivelano ciascuna un’identità propria e sono connotate da diversi gradi di convessità che l’artista otteneva aggiustandole a mano. Come nelle altre opere del ciclo, il retro reca incollata una spessa garza nera. Affettuosamente chiamata da Fontana «teletta», questa garza ha una duplice funzione, pratica e concettuale. Offrendo un supporto statico, essa blocca eventuali deformazioni dei lembi del taglio. Impedendo la visione di un’eventuale parete retrostante, la teletta suggella inoltre l’idea di apertura nei confronti di uno spazio infinito, libero da vincoli riconoscibili e atto a sollecitare l’immaginazione.
Sviluppate come puri monocromi a partire dal 1960, le tele del ciclo si caratterizzano per le scelte cromatiche, che nel caso dell’opera in collezione si declinano in un vivace rosso vermiglio. L’impatto del monocromo è rafforzato dalla stesura compatta, senza pennellate visibili. Tale effetto è ottenuto grazie alla scelta di utilizzare l’idropittura, una vernice diluita con acqua, solitamente impiegata per uso domestico, privilegiata da Fontana nei suoi anni maturi proprio per la sua caratteristica di restituire superfici uniformi e per i veloci tempi di asciugatura, funzionali all’esecuzione dei tagli, solitamente praticati sulla tela ancora umida.
Oltre alla firma e al titolo, Concetto spaziale, Attese, il retro del lavoro in collezione è connotato dalla frase scritta dall’artista: «Clara à lasciato la motoretta in cortile» (fig. 1). Riferibile a un possibile banale evento quotidiano, la frase è parte di un’ampia casistica sviluppata da Fontana anche per tutelarsi da eventuali falsari, suggellando le opere del ciclo con una varietà di annotazioni, tra cui riferimenti alla natura, a imprese spaziali o sportive, eventi politici, incluse dichiarazioni oscure o vagamente mistiche o ancora accenni alle proprie condizioni di salute. Oltre alla frase, l’artista ha anche apposto una freccia, a indicare l’alto dell’opera. Esaminando i colaticci di pittura rossa sul retro del telaio in legno è possibile notare che Fontana stese la pittura capovolgendo il quadro almeno una volta, scambiando l’alto con il basso, secondo un metodo che talvolta lo portava a scegliere l’orientamento definitivo solo dopo aver eseguito i tagli. Come per la maggior parte delle opere del ciclo, non è infine indicata alcuna data, rafforzando l’idea che i concetti spaziali si pongono al di là del fluire ordinario del tempo.
L’opera è stata esposta a Torino presso la Galleria Martano, in occasione di una mostra personale tenutasi nei mesi di ottobre e novembre del 1969. Francesco Federico Cerruti la acquisì nel giugno 1995, presso l’asta «Contemporary Art. Part I», tenutasi a Londra da Sotheby’s. L’imponente cornice dorata che ospita Concetto spaziale, Attese è stata posta dal collezionista dopo l’entrata dell’opera nella sua collezione. Come in altri casi, Cerruti ha scelto di connotare questo lavoro dotandolo di una cornice antiquaria, presumibilmente per favorire il dialogo con le numerose opere storiche e gli arredi antichi presenti nella sua residenza.
[Marcella Beccaria]
1 Manifiesto Blanco (Manifesto Bianco), testo ispirato alle idee di Lucio Fontana, Buenos Aires, autunno 1946, in Crispolti 2006, vol. I, p. 114.
2 C. Cardazzo, R. Crippa, L. Fontana, G. Giani, B. Joppolo, M. Milani, Proposta di un regolamento Movimento spaziale (Milano, 2 aprile 1950), in Crispolti 2006, vol. I, p. 116.
3 L. Fontana, Lettera n. 261 del 30 luglio 1951, indirizzata a Gio Ponti, in Campiglio 1999, pp. 217-218.
4 Bocca 1966.