Andreas Gursky
Andreas Gursky cresce a Düsseldorf dove il padre gestisce un piccolo laboratorio fotografico di tipo commerciale, e dove inizia a interessarsi alla fotografia. A seguito dei primi studi presso la Folkwang Hochschule, la nota scuola di fotografia professionale di Essen, si iscrive nei primi anni Ottanta alla Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf dove segue i corsi di Bernd e Hilla Becher, una coppia di fotografi particolarmente noti per la loro serie di opere di edifici industriali in bianco e nero, che annoverano tra i loro allievi anche Thomas Struth e Thomas Ruff. Sono insegnanti molto attivi e stimolanti che si servono di una metodologia di lavoro efficace basata sulla scelta e sull’approfondimento di categorie specifiche di soggetti e improntata sull’oggettività dell’immagine e sull’analisi della forma.
Conservando l’impronta concettuale dei suoi insegnanti, Gursky realizza le prime fotografie analizzando e approfondendo le possibili variabili di un soggetto dato: negozi o ritratti di commessi che all’interno vi lavorano. Tuttavia a differenza dei Becher e della maggior parte dei fotografi dell’epoca, predilige l’utilizzo del colore, che rimarrà una costante del suo lavoro.
Punto di partenza dell’opera di Gursky è la ricerca dell’immagine così come concepita e ideata nella sua mente. La macchina fotografica è solo uno dei mezzi possibili per raggiungere questo fine, tanto che utilizza sovente anche la tecnologia digitale, all’inizio servendosene solo per piccoli ritocchi, in seguito usandola per unire tra loro più immagini o addirittura concepire interamente un’opera ancora prima dello scatto.
Con il tempo e con l’aiuto della tecnologia e delle nuove possibilità di stampa, le immagini aumentano di scala fino a giungere a dimensioni molto grandi, mentre la scelta dei soggetti varia a favore di una visione macroscopica del mondo che, privilegiando paesaggi solitari e melanconici, grandi spazi periferici urbani o interni di uffici e fabbriche, analizza la presenza umana tramite gli ambienti urbani vissuti e abitati durante il normale scorrere della vita quotidiana.
Il soggetto di May Day IV, 2000, è un grande concerto all’aperto che si svolge in occasione della festa del primo maggio. L’uomo diventa quasi una presenza aleatoria rispetto alla costruzione formale dell’immagine tanto che, a prima vista, da lontano, è quasi irriconoscibile: le macchie di colore dovute alla moltitudine varipinta di persone assomigliano più ad un quadro astratto che ad uno scatto di vita vissuta. Il colore satura completamente la superficie della fotografia mentre il taglio dato all’immagine decontestualizza la folla di giovani protagonista dell’opera. Solo ad una lettura più attenta e ravvicinata si possono meglio cogliere i particolari, distinguendo forme e figure.
Le fotografie di Gursky si muovono in questo perfetto equilibrio tra un’attenzione formale – quasi più vicina ai grandi dipinti del secolo scorso che alle fotografie – e la spinta opposta a indagare anche il più piccolo dei dettagli, offrendo di volta in volta uno sguardo attento e disincantato sulla vita contemporanea.
[C.O.B.]