Susan Philipsz
L’opera Filter (1998-2020) dell’artista Susan Philipsz presentata per il Cosmo Digitale del Castello di Rivoli è una versione online dell’omonimo lavoro del 1998, un’ installazione audio a canale singolo con brano riprodotto mediante sistema di altoparlanti ogni 15 minuti. Filter (1998) è stato presentato presso il Laganside Buscentre, Belfast (1998); Melbourne International Biennale (1999); Thread Waxing, New York, (1999); Cornerhouse, Manchester, (1999); Tirana Biennale, Tirana, (2001).
“Nel 1998 ho organizzato un progetto per gli spazi pubblici di Belfast dal titolo Resonate. A ciascuno degli artisti invitati era stato chiesto di scegliere un sito in città e di sviluppare un’opera che riflettesse su quel sito. Ho scelto il Laganside Buscentre, perché sebbene fosse un edificio abbastanza nuovo, portava con sé un’atmosfera malinconica. Non è mai stato abitato e si ha sempre l’impressione che la gente lì sia in attesa di essere altrove. Filter era un’installazione sonora diffusa attraverso il sistema di altoparlanti del Buscentre ogni quindici minuti. Ho registrato la mia voce mentre cantavo alcune canzoni pop dal tono malinconico incentrate sulle sensazioni di nostalgia e fuga. Le canzoni erano Who Loves the Sun dei Velvet Underground, Airbag degli Radiohead, Jesus Don’t Want Me For a Sunbeam dei The Vaselines and As Tears Go By dei The Rolling Stones.” (Susan Philipsz)
As Tears Go By
The Rolling Stones
It is the evening of the day
I sit and watch the children play
Smiling faces I can see
But not for me
I sit and watch
As tears go by
My riches can’t buy everything
I want to hear the children sing
All I hear is the sound
Of rain falling on the ground
I sit and watch
As tears go by
It is the evening of the day
I sit and watch the children play
Doin things I used to do
They think are new
I sit and watch
As tears go by
“Susan Philipsz canta: la sua voce è lo strumento e le canzoni esistenti sono il linguaggio che utilizza. Diversamente dalla maggior parte delle produzioni musicali che evoca, l’artista canta però ‘a cappella’, senza quindi avvalersi dell’accompagnamento di una base musicale e registra la propria voce senza far ricorso a sofisticate tecniche di post-produzione. In questo modo, eventuali pause, esitazioni o piccoli errori contribuiscono a costruire il contenuto di opere pervase da un toccate senso di intimità fisica. La scelta dei brani cui Philipsz si ispira, e che spazia dalla musica popolare, al rock, alla musica lirica, nasce in relazione con i luoghi pubblici nei quali le sue opere vengono installate, in modo da sviluppare un dialogo inedito con le architetture incontrate e indagare i significati sfuggenti e le memorie altrimenti nascoste che il tempo e la presenza umana contribuiscono a sedimentare.
Filter (1998-2020) è cantata sulla base di As Tears Go By, canzone legata agli esordi di Marianne Faithfull nella ‘swinging London’ degli anni sessanta. Inizialmente pensata da Philipsz per un’installazione nella stazione degli autobus di Belfast, l’opera è stata successivamente presentata a Basilea, nel foyer della Fondazione Beyeler, la cui collezione include capolavori come Le Bassin aux nymphéas (1917-1920) di Claude Monet. Inclusiva di immagini registrate nel museo svizzero, l’attuale e più recente versione è stata sviluppata da Philipsz per lo spazio di Internet, scandagliando la profondità vertiginosa di uno spazio decisamente pubblico, ma che sempre di più apre sconvolgenti finestre sulla vita privata degli individui, con ulteriori trasformazioni in atto portate dall’attuale pandemia che ha trasferito allo spazio digitale una significativa parte delle interazioni sociali. Letta nell’attuale contesto, l’opera di Philipsz trasforma il malinconico testo della canzone originaria in una sincera elegia che riflette sul senso di solitudine dovuto al brusco tramonto di alcuni aspetti della vita quotidiana, come il semplice stare insieme o andare in visita a un museo, il cui insostituibile valore è diventato maggiormente comprensibile proprio da quando ci sono preclusi.”
(Marcella Beccaria)